Giovedì 25 Aprile 2024

La crisi vista dall’Europa "La frittata è fatta, meglio il voto Draghi sembra quasi De Gaulle"

Il politologo francese Yves Mény: "Ha chiesto ai partiti se sono pronti, gli hanno detto no. L’Italia rischia molto"

Migration

di Paolo

Giacomin

"Allora? La frittata è fatta?". La domanda è di Yves Mény, politologo francese di fama internazionale, attento osservatore delle cose italiane, chiamato a commentare la crisi di governo nostrane: "La frittata è fatta – si risponde –. Anche se non mi sono ancora spiegato bene il cambio di atteggiamento del centrodestra. Berlusconi e Salvini mi erano sembrati disponibili".

Che cosa può aver determinato questo cambio di strategia?

"In Francia abbiamo un’espressione, come si dice... bisognerebe leggere i fondi del caffè".

Si dice anche in Italia. Ora qual è, a suo parere, la strada maestra da seguire?

"Direi che la logica più ragionevole sia lo scioglimento delle Camere e poi andare al voto. Per due ragioni".

La prima?

"Sarebbe terribile per l’Italia andare avanti sei mesi nel marasma con un qualche tipo di governo. Non saprei neanche che tipo di governo potrebbe uscirne...".

La seconda ragione?

"I rischi per sono importanti. E non solo per l’Italia, ma per l’Europa tutta. Sì, anche il primo ministro bulgaro è andato in minoranza, ma non ha certo lo stesso impatto della caduta di Draghi. L’Italia è uno dei tre, quattro Paesi principali, determinanti, dell’Unione europea. Rischia sula piano finanziario, nell’immediato e sul medio periodo".

Dal finanziamento del debito pubblico alle tranche del Pnrr.

"Se le elezioni non producono una maggioranza chiara o un’alleanza chiara, sul medio periodo l’Italia rischia di perdere i finanziamenti europei, ma anche di vedere svanire i progetti già approvati, perché per molti mancano i decreti attuativi e sappiamo bene che l’interpretazione e l’attuazione delle leggi puà vanificare le leggi stesse".

Boris Jonshon non è più primo ministro, il presidente francese Macron appare indebolito, il Cancelliere tedesco Scholz pure. L’Italia fa scuola.

"Come ha detto l’ex presidente russo Medvedev, dopo la caduta dui Boris Jonshon, chi sarà il prossimo? A parte le battute, che l’instabilità politica si sia diffusa in Europa è un dato di fatto, ma l’Italia ha in più un problema ormai storico di reputazione, di credibilità nel fare le cose. I finanziamenti europei sono stati approvati sicuramente per amore dell’Italia, ma anche perché c’era una personalità come Draghi al governo".

Messa così sembra non esserci via di uscita.

"La crisi dei partiti e del sistema politico italiano si trascina ormai da trent’anni e la via d’uscita non si vede. Il Movimento 5 Stelle è stato un tentativo e abbiamo visto il risultato. Il punto è che il sistema non permette di fare le cose".

Lei ha detto che per battere il populismo bisognava mettere un po’ di populismo nel sistema. Cosa è andato storto?

"Mah, penso che bisognerebbe fare com in Svizzera, far pronucniare il popolo direttamente per approvare leggi e non solo per abrogarle. Questo avrebbe due vantaggi. Il primo: il popolo sarebbe in grado di dire la propria. La seconda: anche le critiche ai partiti sarebbero minori, perché i cittadini si renderebbero conto che non è sempre tutto facile".

Se le prossime elezioni saranno vinte da Giorgia Meloni, cosa prevede?

"Ci sarà qualche preoccupazione, ma non più di tanto. Anche perché Meloni dovrò comunque governare con alleati come la Lega e Berlusconi. Si ritroverà con gli stessi problemi degli altri governi, perchè, lo ripeto, è il sistema italiano che non consente a chi governa di prendere decisionio certe, di seguire una direzione. è un limite, e vale per tutti, Anche per il centrosinistra. Guardi, questo ragionamento mi ha fatto venire in mente che Draghi si è comportato quasi da golllista, non in senso politico, ma proprio come De Gaulle".

Draghi come De Gaulle?

"Diciamo, alla De Gaulle come atteggiamento, ma con due differenze fondamentali".

Partiamo da De Gaulle.

"Vede, Draghi si è presentato in Parlamento dicendo chiaramente: questo è il mio programma, queste sono le cose che secondo me bisogna fare per il Paese le farei così, così e così. Altrimenti me ne vado. Partiti siete pronti? Siete pronti? E i partiti gli hanno risposto che no, non sono pronti".

Le differenze?

"De Gaulle fu più fortunato e il parlamento fu costretto a darle i pieni poteri nel 1958 ma nel ’69, dopo aver perso un referendum in forma di questione di fiducia, De Gaulle decise di andare via e ritirarsi nella sua campagna lorena"

.