Mercoledì 24 Aprile 2024

La crisi non si sblocca Letta lavora a un patto per Draghi Il centrodestra: così meglio votare

L’accordo prevede una risoluzione di maggioranza che impegni i partiti a non ostacolare il governo. Forza Italia avverte: "Governare con i grillini è impossibile. Esecutivo senza di loro o elezioni"

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di Antonella Coppari

Alle otto di sera il barometro torna a segnare tempesta. Dopo una giornata percorsa da accenti d’ottimismo, l’intervento di Giuseppe Conte riprecipita tutto nel vicolo cieco. Draghi non era rimasto del tutto insensibile alle fortissime pressioni nazionali (inclusa la petizione on line lanciata da Renzi) e internazionali che proseguiranno nelle prossime 48 ore. Ufficialmente la sua decisione era restata immutata, si percepiva però chiaramente la possibilità di evitare in extremis la crisi. Per arrivare a dama, però, il premier dimissionario vuole che si faccia completa chiarezza. I partiti hanno tutto il diritto di seguire le loro strategie e di sostenere i propri obiettivi, ma senza più comportarsi come una sorta di "opposizione interna" e senza mettere in discussione ogni giorno l’operato del governo, abbandonando cioè quel modo di partecipare alla maggioranza che suona più o meno ’per ora ci siamo, ma a settembre si vedrà’.

Un accordo di questo tipo, si dovrebbe poi tradurre in qualche atto formale, probabilmente una risoluzione di maggioranza mercoledì, dopo le comunicazioni del premier. A questo obiettivo hanno lavorato ieri tutto il giorno il Pd alla luce del sole, e il Quirinale sottotraccia.

Avverte Enrico Letta: "Faccio un appello a tutte le forze politiche e al Movimento 5 stelle perché sia della partita il 20, con la voglia di rilanciare rispetto ai nuovi grandi contenuti intervenuti". Il ministro Orlando si premura di rassicurare Conte sul possibile piano B, quello che prevede una nuova scissione dei 5stelle (che probabilmente ci sarà comunque: sarebbero una trentina i parlamentari con le valigie pronte) e la restrizione della maggioranza orfana del Movimento: "Ipotesi di governo senza M5s non sono percorribili". Va da da sé che se poi Draghi dovesse invece accettare questo schema, il Pd non ci penserebbe due volte, ma è un’ipotesi remota e comunque le parole del titolare del Lavoro hanno un chiaro significato politico.

Ci sarebbe in ogni caso un grosso scoglio da aggirare: Berlusconi punta ormai con grande decisione alle elezioni e ha incaricato Antonio Tajani, tra i dirigenti meno convinti della linea dura, di rilanciare la scelta. "Governare con M5s è impossibile. Se non ci sarà un governo senza di loro, si tornerà alle urne". Salvini per la verità sembrava molto più prudente. Ha convocato per domani i gruppi parlamentari, confermando "la responsabilità della Lega nonostante le continue provocazioni e i ritardi imputabili ai Cinque Stelle e al Pd". Una formula che glissa sul veto posto dagli alleati azzurri.

In serata però i due leader si sono sentiti al telefono e hanno confermato "piena sintonia". L’ostacolo non veniva però considerato insuperabile né dal Pd né dal Colle: è evidente che di fronte a una ricomposizione della spaccatura fra Draghi e Conte la destra di governo non potrebbe opporsi. Le parole dell’avvocato pugliese hanno gelato ogni entusiasmo: il leader grillino, che ha scelto di rilanciare mettendo sul tavolo la minaccia dell’appoggio esterno, mira ad aprire una trattativa che gli permetta di portare a casa qualche risultato in modo da giustificare il ritorno all’ovile agli occhi sia dell’ala dura dei parlamentari sia, anzi soprattutto, di fronte all’ala più radicale del suo elettorato.

Ma è evidente che una posizione del genere è destinata a scontrarsi con le attese per certi versi diametralmente opposte di Draghi e a offrire argomenti solidi a una destra che ha tutto l’interesse di evitare la ricomposizione e per arrivare alle urne in posizione di vantaggio in autunno. In politica però tre giorni sono lunghissimi: non è affatto detto che le posizioni di ieri siano quelle con cui i partiti si presenteranno all’appuntamento mercoledì. Se così fosse, se le trattative non smusseranno le posizioni del leader M5s, Salvini Berlusconi e a maggior ragione Giorgia Meloni saranno accontentati. Si voterà probabilmente il 25 settembre, al più tardi la prima decina di ottobre e la destra avrà di fronte una strada in discesa.