La pandemia ha distrutto in un anno circa un milione di posti di lavoro (945 mila), ma è solo un primo conteggio. A quella miriade di nuovi disoccupati – principalmente giovani, donne, lavoratori a termine e partite Iva – vanno aggiunti gli oltre 717mila connazionali che, un lavoro, hanno rinunciato addirittura a cercarlo, i cosiddetti "inattivi". E siamo ancora dentro il blocco dei licenziamenti che durerà almeno fino a giugno (a ottobre per le imprese più colpite o non coperte da adeguati ammortizzatori sociali).
A certificare i numeri dell’impatto del Coronavirus (da febbraio 2020 a febbraio 2021) sono i ricercatori dell’Istat, che conteggiano per la prima volta anche i cassintegrati a zero ore da almeno tre mesi tra i ’senza lavoro’ (mentre prima queste persone risultavano occupate). E se è vero che, da un mese all’altro, le percentuali di disoccupazione e occupazione appaiono stabilizzate, ben altro è il bilancio su base annua.
Nei dodici mesi considerati a finire nella trappola del non lavoro e del non reddito sono stati 533mila uomini (-4%) e 412mila donne (-4,2%). Ha pagato soprattutto il lavoro a termine con 372mila unità in meno (-12,8%) ma anche quello indipendente con 355mila unità in meno (-6,8%). Gli occupati dipendenti a tempo indeterminato sono diminuiti di 218mila unità (-1,5%), ma in questo caso nel numero rientrano ampiamente i cassintegrati, principalmente uomini, a zero ore, che possono contare sull’assegno della cassa.
E questo vale anche quando si considerano le fasce di età: la caduta più ampia di occupati tra i 35 e i 49 anni (-427mila occupati) deriva da questo nuovo criterio statistico. Senza nessuna rete restano i giovani precari tra i 15 e i 24 anni (-159mila unità) quelli tra i 25 e i 34 anni (-258mila). E sono sempre i giovani a ingrossare l’esercito degli "inattivi", con +717mila unità. Persone che non pensano di poter trovare anche solo un’opportunità.