Martedì 23 Aprile 2024

La corsa al Colle dietro la rabbia del leader Pd

Bruno

Vespa

Oggettivamente, non sarebbe stata difficile una mediazione sui tre punti controversi (oltre al ‘sesso percepito’, l’educazione dei bambini e la libertà d’opinione). Purtroppo in campi così sensibili, l’ultima parola è degli ayatollah, bravissimi nelle fatwa, meno nei ragionamenti. Nella speranza che gli estremisti non impediscano di rimettere le mani su un settore che richiede adeguate protezioni non ideologiche, passiamo al significato politico del voto e ai timori che ne derivano a sinistra. Il Pd (Letta in testa) ha avuto d’istinto la reazione di aver scoperto un accordo tra Renzi e il centrodestra per eleggere insieme il successore di Mattarella. Di qui l’aggressione all’ex presidente del Consiglio e l’annuncio solenne che Italia Viva non fa più parte del centrosinistra. È accaduto tuttavia che un taglio così netto non sia stato gradito alla corrente più moderata del Pd, quella di Guerini e di Lotti. E il ministro della Difesa, al quale è difficile estrarre una sillaba, è intervenuto in purissimo stile democristiano arcaico per dire al suo segretario: non scherziamo.

Letta ha capito riaprendo subito il ‘campo largo’ che aveva appena ristretto.

E’ bastato un forte incidente parlamentare degli avversari per restituire al centrodestra il buonumore perso con le elezioni comunali di due settimane fa. Salvini ha rinnovato a Berlusconi l’investitura quirinalizia, ma quel che conta è un giuramento unitario di blindatura fino a fine gennaio. Voci di palazzo dicono che Renzi vorrebbe portare al Quirinale Casini con l’aiuto del centrodestra e – alla fine – anche del centrosinistra. Voci credibili, ma che la storia del Quirinale costringe a definire in questo momento prive di senso, come qualunque altra ipotesi compresa la più credibile: la promozione di Draghi. È certo, comunque, che per la prima volta da quando esiste la Seconda Repubblica, senza il centrodestra non si elegge nessuno. Vedremo se Berlusconi, Salvini e Meloni sapranno davvero tenere una linea comune in un Parlamento che per metà è pronto a tutto pur di non andare alle elezioni anticipate.