Mercoledì 24 Aprile 2024

La Cina incorona l’imperatore E si prepara a sfidare gli Usa Ma Xi naviga in acque agitate

Oggi il congresso del Partito comunista dà il via al terzo mandato del presidente in carica. Bassa crescita, crisi demografica e questione Taiwan: non mancano gli ostacoli sulla sua strada

di Cesare De Carlo

WASHINGTON

Oggi a Pechino, nella Grande Sala del Popolo di Piazza Tienanmen si aprirà il ventesimo congresso del Partito comunista cinese. È un evento importante? Lo è, più ancora della guerra che sta martoriando l’Ucraina. Ed è comprensibile che su questo evento benché dall’esito scontato, e cioè la conferma della terza presidenza di Xi Jinping, si appunti l’attenzione degli analisti. Quale sarà il suo endgame, la sua strategia finale? si chiede il Wall Street Journal. Risposta: prepararsi al conflitto con gli Stati Uniti. E non solo economico. Un conflitto ben più pericoloso di quello in corso con la Russia di Putin. La Cina ha anche armi biologiche come ora ammettono anche le anime belle. Non è più la prima delle tigri asiatiche. Non è più emergente. È emersa da tempo. Nell’osservanza alla dottrina di Deng Xiaoping ha spinto sott’acqua quelle stesse imprese straniere che erano andate a produrre laggiù perché costava meno e ora si trovano confrontate con un Made in China che si è affrancato dalle joint venture e li batte sulla concorrenza. In altre parole l’Occidente ha esportato lavoro, tecnologia, ricchezza e ha importato disoccupazione, pirateria, miseria. Un suicidio.

GRANDE NAVIGATORE

E GRANDE TIMONIERE

Cose note. Inutile piangere sulla miopia che 22 anni fa ci portò ad aprire le porte all’ultima grande nazione comunista nella World Trade Organization. Ora l’unico interrogativo che ci si pone nell’imminenza del Congresso (2.296 delegati) è: come si comporterà il "grande navigatore" rispetto al "grande timoniere"? Quali saranno le sue prossime mosse in una guerra fredda potenzialmente molto più nefasta di quella che ci contrapponeva all’Urss, gigante nucleare e nano economico?

Il "grande timoniere" è Mao Tsetung. A lui e al suo monolitismo totalitario si ispira Xi, 69 anni. Ne aveva 20 quando venne scatenata la catarsi purificatoria della rivoluzione culturale. Il padre e la madre furono condannati a morte. Erano stati arrestati come "controrivoluzionari". La sorella si uccise. Lui stesso venne inviato nello Shanzi in un gruppo di produzione per essere ‘rieducato’ ai valori del marxismo-leninismo. Dormiva – avrebbe raccontato – in una grotta fra pulci fameliche.

Eppure il suo modello oggi è il persecutore di ieri. Forse la rieducazione gli aveva lavato il cervello o forse nell’ansia di potere si era convertito alle convenienze totalitarie. Unica, grande differenza: il sistema economico. Xi adottò il paradosso impossibile di Deng Xiaoping: quello di un’economia di mercato, seppur sotto controllo statale, calata nella camicia di forza di un sistema monolitico.

In altre parole Xi non ripeté l’errore di Gorbaciov, che distrusse il comunismo volendolo salvare. Sconfessò l’economia collettivistica, come detto, ma nessuna liberalizzazione. Perestroika senza glasnost. Altrimenti sarebbe crollato tutto, come avvenne in Urss. E dunque più repressione, censura, persecuzione dei dissidenti.

CONTROLLO DELLA SOCIETÀ

Il controllo della società è capillare. Si giova dell’intelligenza artificiale che previene, soffoca, scongiura qualsiasi infezione ideologica dall’esterno. E del resto i giovani cinesi, tolte rare eccezioni, non avvertono le pulsioni libertarie dei loro padri. Mi riferisco agli studenti che 33 anni fa affrontarono a mani nude i carri armati in piazza Tienanmen. In quella stessa piazza, oggi, si radunerà il Congresso del partito unico. Il suo leader non ha i baffi di Stalin o la maschera crudele di Mao. Non veste in tuta ma in doppio petto. Ha l’aspetto pacioso, sornione, manageriale, sorridente di un presidente di una qualsiasi Cassa di Risparmio della Padania. Fa persino dimenticare le sue responsabilità per il devastante virus Covid uscito in qualche maniera dalla Cina. Ma ha la presunzione del tiranno. Mente gelida. Persegue il "sogno cinese": porre la Cina dove il suo stesso nome suggerisce.

Zhonguo, Cina, significa Paese di Mezzo. Il che comporta una visione del mondo che la vede al suo centro, maestra di collettivismo confuciano, con l’ambizione di sostituire la declinante leadership americana. Traguardo: dettare le regole del nuovo ordine mondiale nel terzo millennio.

A questo fine il primo obiettivo è allargare la mitica via della Seta. Una via, i cui frequentatori sarebbero sempre meno americani e europei e sempre più Iran, India, Brasile, Sudafrica e naturalmente la disastrata Russia. Proprio a Samarcanda, città simbolo della via della Seta, Xi ha dato a Putin la sua "amicizia senza limiti".

CRESCITA QUASI FERMA

In realtà i limiti ci sono. La maledetta guerra in Ucraina ha strangolato il commercio internazionale. Usa e Europa di fatto già in recessione hanno inaridito il flusso commerciale. Energia ce n’è sempre meno e a prezzi altissimi. La Cina ha potenziato le centrali a carbone. Era già la prima avvelenatrice del mondo. Ora lo sarà ancora di più. Per il gas russo dovrà aspettare le pipeline fra una decina d’anni.

Xi dunque si trova in una congiuntura difficile. Crescita del Pil al 2,8% (secondo opinabili dati ufficiali) contro la media dell’8 e del 9% del decennio precedente, crisi immobiliare, crisi demografica, crisi tecnologica perché non arrivano i microchip prodotti dall’altra Cina, quella democratica, Taiwan.

E a proposito di Taiwan, si è raffreddata anche la retorica sull’"ineluttabile" ritorno alla madrepatria dei fratelli separati. La figuraccia dell’esercito di Putin in Ucraina rappresenta un monito per Xi. Il suo esercito è equipaggiato con armi russe. E le armi russe non sono paragonabili a quelle americane fornite a Zelensky. Dunque per la sfida militare agli Usa c’è ancora tempo.

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