La Cgil sogna l’opposizione unita Gelo di Calenda: con voi al governo mai

Landini riunisce i leader di un possibile ‘campo largo’ ma il leader di Azione viene fischiato dai delegati. Molti i temi in discussione, poche le convergenze. Applausi per Elly Schlein, Conte tiepido sulle alleanze

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di Antonella Coppari

Non hai vinto, ritenta. Si parla ovviamente del ’campo largo’. Stavolta a provarci è Maurizio Landini che mette intorno a un tavolo immaginario a Rimini, sul palco del XIX congresso nazionale della Cgil, i leader dell’opposizione che dovrebbero dar vita alla coalizione contro la destra. Insomma, la solita araba fenice. Che sia possibile lo dicono (quasi) tutti, come realizzarla nessuno lo sa. "Vi chiediamo lo sforzo di andare oltre", avverte il segretario cigiellino. Ma pure lui non sembra destinato ad aver fortuna. Tutto bene finché si tratta di Elly Schlein, che condivide in pieno l’obiettivo: "Costruiamo insieme quest’alternativa. Diamoci un appuntamento lontano dalle telecamere. Chiudiamoci in una stanza, anche fino a notte fonda, per trovare qualcosa da fare insieme. Mi rifiuto di vedere un’altra volta vincere quelli là".

Più tiepido ma non blindato Giuseppe Conte: "È il momento del dialogo, è prematuro parlare di alleanze". È impegnato, del resto, a trovare una nuova posizione dopo che la vittoria a sorpresa della Schlein ha sgambettato il suo progetto di occupare per intero l’ala sinistra della politica italiana: "Il salario minimo è una nostra battaglia". Materia che ognuno dei presenti declina a modo suo.

I guai cominciano quando prende la parola in romano schiettissimo Carlo Calenda: "Potrei governare con le persone che sono qua? No: non condivido la linea di politica estera". Piovono fischi dalla platea ma lui rilancia: "Ahò regà, volete che racconto ‘All you need is love’ o volete che vi dico come la penso? Mi avete invitato per questo". Chiosa Landini: "Esatto".

Eppure, la segretaria Pd, osannata dai sindacalisti rossi, insiste: "Se ragioniamo di merito ci sono battaglie comuni che possiamo portare avanti insieme in Parlamento e nel Paese". Ma certo, si infervora Nicola Fratoianni (Si): "Qui guadagniamo una grande convergenza". Punti di contatto ci sono: "Possiamo siglare un patto su istruzione, sanità, lavoro – rilancia Conte – E poi diciamocelo: il jobs act è stato un fallimento". Lucia Annunziata, la giornalista che modera il dibattito, azzarda un titolo: "Nasce qui un coordinamento anti-Papeete, cioè un confronto permanente delle opposizioni su alcune questioni". La priorità, avverte il capo di Azione, è "il servizio sanitario nazionale. Lavoriamo insieme su questo". Quindi, chiama gli altri al realismo: "Su molti temi siamo agli antipodi. Il jobs act ha creato 1 milione e 200mila occupati in più, dire no ai rigassificatori significa far chiudere molte imprese, quanto alla patrimoniale (su cui insiste Fratoianni, ndr) sapete quanto gettito ha dato in Francia? 400 milioni di euro, ma poi sono scappati tutti da un’altra parte". Calenda finisce incrociando la spada con Conte, che gli rinfaccia di aver votato con la destra "Quando? Sulla guerra? Quello lo ha fatto pure il Pd".

Nulla da fare: niente Vasto 2, la città in cui nel 2011 venne siglata l’alleanza, peraltro effimera, del centrosinistra. Il ’campo largo’ per ora continua a sembrare un miraggio. Quel che le opposizioni possono fare è cominciare ad arare, a volte insieme, spesso ciascuno per conto suo, nella speranza che il tempo e la destra facciano il miracolo. Qualcosa forse si capirà già oggi, quando su quel palco ci sarà Giorgia Meloni. Non è il primo presidente del consiglio ad essere invitato a un congresso della Cgil: il biglietto è arrivato a tutti i suoi predecessori. Ma è solo la quarta premier ad accettare la sfida con l’arena rossa. L’ultimo ad accettare l’invito era stato Romano Prodi. Ventisette anni fa.