Mercoledì 24 Aprile 2024

Eleonora Giovanardi: "La carbonara con Zalone al Polo Nord. E la torta-mattone con Crozza"

L’attrice reduce dal successo della fiction 'Lea - Un nuovo giorno': "Il provino con Checco? Lui improvvisava e io gli andavo dietro"

Eleonora Giovanardi

Eleonora Giovanardi

Eleonora Giovanardi, in Lea – Un nuovo giorno, la fiction appena andata in onda su Raiuno, interpreta una dottoressa. Bella coincidenza, visto che sua madre è proprio un medico...

"La cosa ci ha fatto molto ridere. Ma siamo due dottoresse molto diverse, lei è neurologa, io interpreto una ginecologa".

Lei è di Reggio Emilia, ed è molto legata alla sua terra...

"Siamo emiliani doc da generazioni. Sono cresciuta in campagna, a Canali, in una casa costruita da mio nonno muratore, insieme agli zii e ai cugini. Avevamo la vigna, i conigli, le galline... È stata una infanzia e giovinezza molto spensierata, fino a che non mi sono trasferita a Bologna che con gli occhi di allora era già una metropoli...".

Perché vi chiamavano i terroni del Nord?

(Ride). "Intorno al tavolo, mezzogiorno e sera, eravamo sempre almeno quindici. Noi di famiglia più quelli che lavoravano per noi".

Provenire dalla provincia dà forza o debolezza?

"Dalla provincia hai sempre voglia di andare via, ma quando sono arrivata a Bologna mi sono resa conto che le mie radici erano una base solida su cui contare, come gli alberi piantati da mio padre".

I genitori come hanno preso il suo desiderio di intraprendere una carriera artistica?

"Sono stati molto comprensivi, così comprensivi che a volte li sgridavo perché mi appoggiavano troppo! Mi sarebbe piaciuto avere una di quelle autobiografie in cui raccontavo di aver dovuto lottare per fare l’attrice, “No tu non lo fai, è un lavoraccio!“, avrebbe dovuto gridare mia madre. Invece quando, dopo l’università, ho voluto iscrivermi al Dams per fare teatro, mia madre ha esclamato: “Che bello!“. Mi hanno supportato ma anche sopportato in tutto, perché ho iniziato a 14 anni e da allora sono venuti a vedere ogni mio saggio".

L’incontro con la recitazione com’è avvenuto?

"In modo casuale a 14 anni. Ho provato varie strade, ho fatto il conservatorio, ho studiato violino. Poi, sulle scale della Ghiara a Reggio Emilia, ho visto questo volantino con un corso di teatro, volantino che tengo ancora incorniciato. Il primo spettacolo fu in un caffè teatro in cui recitai le poesie di Garcia Lorca: a 14 anni! Da subito ho avvertito un forte vuoto dentro di me quando non stavo lavorando su qualche testo".

Molto più tardi è venuto l’incontro con Checco Zalone che le ha dato una popolarità molto più ampia...

"È stato anche il mio incontro col cinema, perché io avevo fatto molto teatro, ma niente cinema. La mia piccola agenzia di solito mi mandava a Milano a fare i casting per la pubblicità. Quella volta invece mi spedirono a Roma: ho fatto 4 provini senza sapere bene cosa avrei dovuto affrontare. All’ultimo si è presentato Checco, cioè Luca, e ci hanno lasciato nella stanza a improvvisare. Meglio: lui improvvisava, io gli andavo dietro".

Un aneddoto del film?

"Altro che Ben Hur, Quo vado è stato lunghissimo da girare. Il primo ciak della mia vita è stato alle Svalbard, al Polo Nord! Siamo partiti con una troupe ridotta, su un volo governativo. All’arrivo siamo stati accolti dagli scienziati del Cnr che hanno collaborato con noi: ci davano la scaletta di quando, a seconda delle temperature, potevamo girare all’esterno. Pensi che c’era un solo negozietto che apriva una volta a settimana per due ore. Un giorno Checco ci va, e prende tutto quello che riesce. Quando è tornato, ha fatto una carbonara per tutti: attori, troupe e scienziati del Cnr!".

Non dev’essere stato facile recitare a quelle temperature...

"A volte non riuscivamo ad articolare le parole. Quando abbiamo girato la scena della pesca del krill mi sono bagnata le mani che si sono congelate. Ma Luca mi incitava: “Resisti, resisti...“".

La popolarità in tv è invece arrivata con Maurizio Crozza...

"Ero in tournée a Modena, il lunedì era chiuso e i colleghi andavano per un provino con Crozza. Non avevo niente da fare, così sono andata anche io. Prima ho fatto il provino con l’autore Andrea Zalone – quello vero... – e poi con lui. Ho portato un pezzo di Gaber. Con Maurizio ci siamo trovati bene sul campo, è un animale da palcoscenico. Da lui ho imparato a fare la spalla, a entrare nella musica del capocomico. All’inizio, quando facevamo gli sketch di Banderas, ero ignara di tutto. Quando ho capito che le 500 persone davanti a noi non erano l’unico pubblico, ma c’erano altre centinaia di migliaia di persone davanti alla tv, ha cominciato a essere molto più terrificante. La diretta fa davvero paura".

Un aneddoto divertente?

"Quando facevamo Masterchef, lui nei panni di Bastianich, i piatti che noi presentavamo erano di scenografia. Una volta ha tentato di tagliare una torta che in realtà era un mattone ed è volata via verso l’orchestra, e io sono scoppiata a ridere mentre lui tentava di restare serio".

Lei ha dichiarato che, nell’ambito delle serie ospedaliere, a suo tempo seguiva E.R. Con George Clooney. Era un’appassionata del genere?

"Non sono appassionata del genere medical o poliziesco, a me interessa la storia. E.R. mi coinvolgeva per questo. Avevo un amico che frequentava odontoiatria e mi ero fatta portare a casa un camice verde: quando guardavamo le puntate ci travestivamo da medici...".

Un po’ come chi va a vedere Rocky Horror Picture Show e si traveste per l’occasione...

"Io ero proprio una di quelli. Ho visto l’ultima di O’Brien al Teatro delle Celebrazioni di Bologna, e ovviamente mi sono travestita con cravatta, giacca, occhiali colorati, giornale... Per me era un must".

Il suo mito è Mariangela Melato...

"L’ho incontrata artisticamente, e più in là anche Anna Magnani. Più avanti ho amato Monica Vitti e Franco Valeri, con il loro coté più spiccatamente comico. Credo che oggi loro farebbero più fatica. La serialità ha cambiato il modo in cui noi attori ci dobbiamo preparare. È la società della performance che ha cambiato tutto. Io sento addosso un’estrema velocità, soprattutto nel rispondere agli stimoli. Avrei bisogno di più tempo. Anche le produzioni risentono di questa velocità. C’è una grande voracità di contenuti. La pandemia ha esasperato tutto questo, lo schermo è diventato la nostra finestra".