La capanna d’Europa: si pranza in Italia, la cucina è in Austria. Ma il confine non esiste

Il rifugio Venna alla Gerla si trova a 2.700 metri tra l’Alto Adige e il Tirolo. Tagliato in due da una linea invisibile che unisce i popoli anziché dividerli. Il progetto comune (con la Baviera): "Ristrutturarlo in uno spirito di pace"

Europahütte, il rifugio al confine tra Italia e Austria a 2.693 metri d'altitudine

Europahütte, il rifugio al confine tra Italia e Austria a 2.693 metri d'altitudine

Si entra in casa dall’Italia, vai in cucina e ti trovi in Austria, torni nella Stube, la sala da pranzo, e sei di nuovo in Italia. Il confine spacca in due il rifugio in cima alle Alpi, tra Austria e Italia, ma le frontiere possono anche unire e non dividere. Quando cadde il Muro, sognammo di costruire una casa europea, dalla Manica agli Urali, e il sogno è svanito.

Ma abbiamo l’Europahütte, la capanna d’Europa, a 2.693 metri, sulle Alpi Breonie. Si è rimasti fedeli al nome originario, quando una baracca accoglieva gli spalloni, gli uomini che con sacco in spalla passavano da una parte all’altra delle Alpi. Un piccolo traffico, faticoso, rischioso, che bastava a sopravvivere. Ma non i contrabbandieri, il percorso era troppo noto. Oggi è una grande costruzione in pietra, dello stesso colore delle rocce intorno, e arriva a ospitare fino a 65 escursionisti. Unica nota di colore, le quattro bandiere, la tirolese bianco e rossa, la bavarese bianco e azzurra, quella italiana e la bandiera europea azzurra con le stelle. Il rifugio è per due terzi in territorio italiano, un terzo in Austria.

Il nome originario, Kraxentragerhütte, è una di quelle lunghe parole in tedesco che mettono in soggezione: la capanna dei portatori di gerla. In italiano si chiama Rifugio Venna alla Gerla o, semplicemente, Rifugio Europa. Dall’Italia, dal Südtirol o Alto Adige, si sale in tre ore e mezza, dal versante austriaco o Tirol in quattro ore, dalla località di Pfitsch, sul passo del Brennero. Il percorso, si assicura, è di media difficoltà. Adatto anche ai bambini in forma. La stagione va dall’inizio di luglio alla fine di settembre, in inverno la temperatura scende a meno 25 gradi (telefono 0472-646076).

I nomi delle località sono diversi, in italiano o in tedesco, giù in valle. Su in cima non ci sono divisioni tra gli ospiti. In montagna o in alto mare siamo solo esseri umani, Mensch in tedesco, una sola parola per uomini e donne. Ci si capisce in ogni lingua. Il cibo è quello semplice che piace a quanti vanno in montagna, l’arredamento è di una sobria eleganza. Il superfluo è un peso inutile per chi deve trasportarlo su in cima. Il rifugio venne inaugurato sul luogo della vecchia baracca in legno, nell’agosto del 1899, dall’associazione di Landshut, cittadina in Bassa Baviera a 70 chilometri da Monaco, e dal club alpino austriaco.

La Germania non è lontana, al di là delle montagne, ma sventola la bandiera del Freie Staat Bayern, il libero Stato di Baviera, da sempre orgoglioso della sua autonomia. Gli austriaci hanno radici bavaresi e non austriache, sono gli antichi Bajuwaren. L’Europa è fatta da tante piccole patrie locali, che a volte superano le barriere nazionali. Dopo la Grande Guerra, con il trattato di Saint-Germain-en- Laye, il confine fu spostato a sud, e il Tirolo meridionale assegnato all’Italia.

La linea invisibile che divide la cucina dalla stanza da pranzo è anche un simbolo della cecità dei politici che separano rocce e uomini con un segno sulla carta geografica. Dal 1945 al 1972, il rifugio fu costretto a chiudere più volte, per difficoltà finanziarie. Pochi giorni fa, è stato firmato l’accordo tra il presidente del Südtirol, Arno Kompatscher, il collega del Land Tirol, Günzher Plattner, e il bavarese Bernhard Tschochner, per ristrutturare la Hütte "nel segno dello spirito europeo, di pace e non violenza".

Le vie d’Europa non cambiano. Il passo del Brennero conduce dal cuore d’Europa al Mediterraneo. Vi passarono Mozart e Goethe in diligenza, oggi le auto dei turisti che scendono verso il sole. Il confine si varca senza controlli. Un secolo fa, austriaci, tedeschi e italiani morirono per conquistare o perdere qualche metro di roccia. Dal Trentino, 60mila giovani che parlavano italiano, andarono a combattere con la divisa austriaca contro i russi, in Galizia, oggi in gran parte in Ucraina, e in parte in Polonia. Morirono a migliaia, ventimila furono fatti prigionieri, e tornarono nel 1924 per nave da Vladivostock, sul Pacifico, a Bari. È la storia di ieri, che servirebbe a capire quanto avviene oggi. Dalla cucina del rifugio si guarda a Oriente, dalla sala da pranzo verso Occidente, ma si vedono solo cime immacolate.