Venerdì 19 Aprile 2024

La campanella Meloni si insedia Un’ora con Draghi per tracciare la linea

Lungo colloquio con il premier uscente: c’è continuità di vedute. La legge di bilancio, già in ritardo, è la scadenza più importante

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di Antonella Coppari

Ci sono un volto e un nome che testimoniano la continuità palese, anche se formalmente inconfessabile, tra il governo che lascia e quello che subentra. Si tratta di Roberto Cingolani, ministro con Draghi, uomo di punta nel settore oggi più nevralgico: la transizione energetica. E va da sé che i suoi saranno qualcosa in più di amichevoli suggerimenti. Insomma, proprio sul fronte più incandescente, Giorgia segnala nei fatti di voler proseguire nel solco tracciato dal predecessore. Pure a livello di immagine: concretezza e efficienza. "Basta foto e tv, mettiamoci al lavoro – raccomanda ai ministri – non guardiamo alla crescita nei sondaggi, ma a quella del Pil, dell’occupazione e del benessere degli italiani".

Del resto, il lungo colloquio con l’ex presidente della Bce a porte chiuse è stato molto più di un cortese scambio di informazioni su ciò che è stato fatto e ciò che bisogna fare al più presto. I due hanno parlato di tutto, ma soprattutto di politica internazionale con l’Ucraina – più annessi e connessi – a fare la parte del leone, di energia e bollette e, approfonditamente, di Pnrr. Impossibile sapere se sia stato un consiglio di Draghi quello di affidare la delega del Pnrr al ministero per gli Affari europei di Fitto invece che a quello delle Infrastrutture di Salvini. Certo è che fonti vicine all’ex premier ammettono che Europa e Piano nazionale di ripresa e resilienza non sono facilmente scindibili. Sarebbe così comunque, tanto più perché, dopo il rincaro delle materie prime, rimettere mano al Pnrr appare inevitabile. Un’operazione che può essere fatta solo con l’accordo di tutti i partner Ue. Una logica nella scelta c’è, ma è un fatto che al leader leghista la sorpresa non è piaciuta affatto. Significa sottrarre al suo dicastero il principale segmento di propaganda: le grandi opere.

Nella seconda parte della riunione nell’ufficio entrano anche l’uomo che è stato ombra e braccio destro di Draghi, Roberto Garofoli, e quello che eserciterà d’ora in poi lo stesso ruolo nel governo Meloni: Alfredo Mantovano. Più tardi, intorno al tavolo dei ministri, la presidente del Consiglio avrà al suo fianco non entrambi i vicepremier ma da un lato Tajani e dall’altro proprio Mantovano. Se i segnali hanno un senso, in questo caso è certamente chiaro.

Quello di ieri è stato in realtà solo un antipasto: meno di mezz’ora, il tempo di conferire gli incarichi ai ministri senza portafoglio. I piatti forti arriveranno sin troppo presto. Per quanto sia Mattarella sia Meloni (ha esordito in Cdm ringraziando il capo dello Stato) abbiano premuto l’acceleratore a tavoletta, il ritardo nella legge di bilancio è palese. Né Giorgia né i suoi ministri avranno tempo di tirare il fiato, tanto più che il 31 dicembre non solo è la data entro la quale la manovra deve essere varata ma anche quella in cui bisogna metter mano a quota 102, pena il rientro in vigore della normativa sulle pensioni varata dal governo Monti. Uno smacco che non solo la Lega ma l’intero centrodestra non può permettersi di subire. Dietro l’angolo c’è anche l’obbligo di varare un nuovo decreto Sostegni senza il quale il caro bollette, già pesante, diventerà insostenibile. Qualcosa Draghi a quella che sembra la sua pupilla lascia in eredità ed è un aiuto importante. Però non basta, tanto più che proprio su quel fronte il Carroccio affila le armi, e si prepara a chiedere di più. Se gli ultimi mesi sono stati da cardiopalma, i prossimi per il governo di centrodestra lo saranno ancora di più. La premier ne è consapevole, ma dispensa ottimismo ed esortazioni: "Dobbiamo essere uniti per affrontare le emergenze che il Paese ha di fronte". Ancora: "Le persone si aspettano che ripaghiamo la fiducia che hanno messo in noi": E poi: "Evitiamo i personalismi o di alimentare conflitti". Quindi: "Abbiamo scritto la storia, ora scriviamo il futuro". Il primo atto del governo è concluso. La giornata di Giorgia no: è il momento di incontrare Macron. Perché le grane che ha di fronte non sono certo solo interne ai confini del Paese, anzi della Nazione.