La bici elettrica ci fa sentire tutti campioni

Migration

Riccardo

Jannello

Sono molti quelli che in Italia acquistano bici elettriche o "a pedalata assistita" (280mila nel 2020 con un trend in crescita del 44 per cento che prosegue nel 2021 e che riguarda anche quelle classiche), com’è uso chiamare gli aggeggi a due ruote che se il pendio è troppo per te che fatichi a fare le scale di casa ti aiutano e innestano il motorino, così hai un rapporto da passistone buono per la Parigi-Roubaix.

Tutti vorremmo essere Filippo Ganna: quando il ragazzo di Verbania fende il vento sembra che non si sforzi neppure per un attimo, sembra che divori la strada mentre noi, con la nostra pedalata, abbiamo tempo di ammirare il paesaggio oltre a faticare il doppio. Ciclisti da città o al massimo cicloturisti un po’ pigri, crediamo di vincere la sedentarietà fingendo di spingere sui pedali e invece sfruttiamo la tecnologia prendendo in giro i veri appassionati e faticatori che pur non essendo Ganna sabato e domenica, a qualsiasi età, sfidano le strade più impervie per sconfiggere l’età. Noi e loro abbiamo un pregio: non inquiniamo, la bici elettrica non disperde cose malate nell’ambiente, siamo ecologici, la natura è la prima amica dei ciclisti. E anche il benessere: "Quando il morale è basso, quando il giorno sembra buio, quando il lavoro diventa monotono, quando ti sembra che non ci sia più speranza, monta sulla bicicletta e pedala senza pensare a nient’altro che alla strada che percorri". Arthur Conan Doyle aveva ragione; ora, "assistito", anche di più.