Giovedì 18 Aprile 2024

La bellezza non si misura Napoli docet

Nino

Femiani

Di nuovo Napoli finisce in zona retrocessione: un inferno in terra, un postaccio dove affari, lavoro, ambiente, istruzione e turismo sono percorsi metafisici. Tutti ad applaudire le virtù calviniste di Pordenone, a celebrarne il Corso e la Contrada Maggiore, il prosecco e il "radicio co le frisse". E se, invece, queste classifiche fossero incomplete perché si limitano ai parametri misurabili con gli algoritmi? Resterebbero uguali se aggiungessimo anche un punteggio per bellezza, odori, clima, cibo, poesia, relazioni sociali? Davvero tutto questo è estraneo alla qualità della vita? Ecco il punto: Napule è na’ carta sporca, per cantarla con Pino Daniele, ma è anche un inno alla vita. Lo ammetteva già nel 1713 un dotto tedesco dell’università di Altdorf: "Il Regno di Napoli è un paradiso abitato da diavoli" (motto poi usurpato da Benedetto Croce). A Napoli inciampi in opere d’arte, ci sbatti contro o ci finisci dentro per caso mentre mangi la pizza o bevi un caffè. La città ti avvolge col suo "bordello" e la sua storia e basta andare al Museo Archeologico per trovare più opere di quante ne siano conservate a Milano o Londra messe insieme. E ti incanti tra i colori e le botteghe di San Gregorio Armeno, nascoste nel budello dei Decumani, mentre nell’aria annusi gli odori di sfogliatella il "dolce femmina" che ti conturba e ti seduce. Non ti basta ancora? Fa una passeggiata sul Lungomare, tra innamorati che si baciano e vecchietti che aspettano il tramonto del sole dietro Capri, di colpo, come un "notturno indiano". E lì, proprio lì, capisci davvero cosa significa "vedi Napoli e poi muori".