La battaglia di Allevi contro il tumore "Ho un mieloma, devo curarmi"

L’annuncio del pianista marchigiano sui social: il suono è dolce, ma non è una malattia meno insidiosa

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di Viviana Ponchia

Giovanni Allevi dopo Fedez, Mihajlovic, Baricco, Vialli e tutti gli altri. Neppure lui si nasconde. L’ingresso nel mondo dei malati sdoppia la biologia e la biografia, obbliga a scegliere le parole: "Non ci girerò intorno: ho scoperto di avere una neoplasia dal suono dolce, mieloma, ma non per questo meno insidiosa". La nuova storia del pianista e compositore comincia così a 53 anni. Con le mani su un pentagramma e un post sui social. Con una confessione che va oltre: "La mia angoscia più grande è il pensiero di recare un dolore ai miei famigliari e a tutte le persone che mi seguono con affetto. Ho sempre combattuto i miei draghi interiori in concerto insieme a voi, grazie alla Musica. Questa volta perdonatemi, dovrò farlo lontano dal palco". Chiude con l’hashtag "torno presto", comincia la battaglia. E la macchina della commozione si rimette in moto.

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"Un ospedale è pieno di storie meravigliose e terribili – scrive Anatole Broyard – E se io fossi un dottore le leggerei come si legge un bel romanzo, lasciandomi istruire".

Forse il senso di esporsi pubblicamente nel momento della massima fragilità è proprio questo: dare forma narrativa a un dramma personale, un nome e una direzione al dolore. Allevi soffriva da mesi, negli ultimi concerti del tour Estasi conservava il sorriso su un corpo contratto. Impossibile continuare, cancellati gli impegni di fine estate in Giappone e in Cina. Artisti, sportivi, un padre, l’amico del liceo. C’è stato un tempo in cui il passaggio fra il prima e il dopo veniva taciuto per pudore, forse per scaramanzia. È diventato invece il filo rosso che ci lega tutti, leoni da tastiera, poeti e guerrieri. Qualcuno mostra le ferite. Qualcuno etichetta la cosa come "subdola e bastarda". E c’è chi sposa la lotta permanente perché non è mai finita, ti distrai un attimo e quella ritorna. Oriana Fallaci lo chiamava "l’alieno che è in me". Andrea Tomasi e Damiani Abeni nel loro girovagare ispirato fra i cedimenti del corpo e il loro valore letterario sostengono che in italiano la parola malattia è insufficiente a descrivere la complessità di un evento che cambia molte vite. Stato di sofferenza dell’organismo.

Può bastare? All’inglese no, infatti si concede il lusso di pescare fra tre termini diversi. Disease è la malattia codificata dalla scienza medica. Sickness la malattia percepita socialmente. Illness la malattia intesa come malessere personale con il suo corollario di terapie, disagi, costi economici e umani. Virginia Wolf scriveva che non c’è niente di pronto all’uso quando ci si ammala. Il paziente tenta di spiegare "tenendo il suo dolore in una mano e un grumo di puro suono nell’altra, li pressa insieme in modo che alla fine salti fuori una parola del tutto nuova". Giovanni Allevi dice mieloma e gli sembra dolce. Per Fedez, Mihajlovic, Vialli e tutti gli altri ha individuato una cura in tempi non sospetti: "Se non vogliamo condannarci all’infelicità, dobbiamo tenere la mente sgombra e sforzarci di trovare un contatto con il mistero e il vuoto che è dentro di noi". Nel suo caso è la musica a riempire lo spazio, ma un calcio al pallone va bene lo stesso.