Mercoledì 24 Aprile 2024

La banalità del sessismo: stereotipi a nudo

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Alessandro

Antico

La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!" è una frase dalla paternità incerta. Si dice che sia nata come motto anarchico nell’Ottocento, ma lì ci fermiamo. Quel che è sicuro, in ogni caso, è che a poche ore dal 2021 di fantasia ne vediamo ancora pochissima e di risate pure meno. Semmai a sommergerci sono gli stereotipi, i cliché scolpiti e datati, incrostati, unti e bisunti con i quali trasciniamo il nostro dire e pensare quotidiano. Un esempio arriva da Lucca, dove la Confcommercio è stata costretta alle pubbliche scuse dopo aver pubblicato una locandina sessista: l’uomo è identificato come "un lavoratore, un padre che guarda speranzoso al futuro". E lei? "Sua moglie, la sua famiglia". Come se esistesse solo per questo, con un ruolo per nulla attivo. Non è bello. Un altro esempio viene da Ferrara, dove il comandande della poliza locale, presentando la nuova pistola in dotazione, l’ha definita più adatta alle donne "le cui mani sono idonee a fare la sfoglia". Ci sembra un brutto scivolone, un colpo decisamente fuori bersaglio.

È difficile scrollarsi di dosso i luoghi comuni. Quelli che riguardano le donne sono molti, pesanti, volgari, cattivi. Eppure, tanto per restare con i piedi per terra, non scordiamoci che in natura è la leonessa che caccia e procura il cibo ai cuccioli e al capobranco.

Mi piace ricordare sempre questa confessione: "Se non avessi avuto lei, tutto ciò che avevo creato sarebbe crollato molto prima". Lo disse Leonard Chess, fondatore della omonima etichetta discografica di Chicago. A un certo punto degli anni Cinquanta, ’Leo’ decise di scommettere tutto su una donna, dopo aver lanciato Muddy Waters, Little Walter, Howlin’ Wolf. Quella donna si chiamava Etta James ed è stata la più grande cantante blues mai esistita. All’inizio nessuno voleva scommettere su di lei "perché era una donna". Il pregiudizio, l’abitudine a sviluppare le categorie a senso unico, non arricchiscono nessuno. Lo capì Leo. Che, a dispetto del cognome, non era proprio un Chess.