L’unica verità che abbiamo sulle stragi

Ieri era il quarantesimo anniversario di Ustica e abbiamo detto che, nonostante le innumerevoli inchieste e alcune sentenze, soprattutto civili, ancora non abbiamo una verità. Tra poche settimane, il 2 agosto, saranno quarant’anni dalla strage alla stazione di Bologna e diremo che, nonostante gli innumerevoli processi e alcune condanne, ancora non abbiamo una verità, soprattutto sui mandanti; e che molti dubbi e molte ombre persistono. Pochi mesi fa erano cinquant’anni dalla strage di piazza Fontana e abbiamo detto che, nonostante gli innumerevoli processi, ancora non abbiamo una verità, né colpevoli in galera.

Ad ogni anniversario ripetiamo, e sentiamo ripetere, questa stanca recriminazione: non abbiamo una verità. Eppure, paradossalmente, l’unica verità, l’unica certezza che lega tutte queste stragi (e tutte le altre che si sono succedute dal 1969 al 1984 e poi ancora fino al 1993) è proprio questa: è che viviamo in uno Stato nel quale più soggetti istituzionali si sono messi di traverso alla ricerca della verità. L’unica verità è insomma che ci sono cose inconfessabili anche in uno Stato democratico quale è il nostro dal dopoguerra in poi. Qui, nel nostro Paese, si sono combattute più "guerre non dichiarate", oltre a quella che, secondo un giudice civile, ci fu nel cielo di Ustica la sera del 27 giugno 1980. In Italia si sono combattute guerre interne, anche con tentazioni golpiste, dalla fine degli anni Sessanta in poi; quindi guerre internazionali, che avevano sullo sfondo la cortina di ferro e le tensioni mediorientali. Guerre tutte sporche, proprio perché "non dichiarate", e dunque combattute con le bombe nel mucchio, le stragi di innocenti, i depistaggi.

L’unica verità è che non si è mai voluto scoprire la verità. L’unica verità è che la verità è stata sempre sottomessa alla cosiddetta "ragion di Stato": principio superiore che passa sopra ai morti, meri "effetti collaterali". E si può perfino capire che, come disse il ministro degli Esteri Gianni De Michelis, in uno Stato ci sono "cose che possono stare sopra il tavolo e altre che devono stare sotto il tavolo". Ma a quale prezzo, in un Paese come l’Italia, popolato da simili fantasmi come nessun altro. Il prezzo, ad esempio, di una perdita di fiducia da parte del popolo nei confronti delle istituzioni. È passato tanto tempo, sarebbe ora di riconoscere agli italiani il diritto di sapere.