Mercoledì 24 Aprile 2024

L’ottusità di chi pensa alle poltrone

Quando martedì sera il presidente della Repubblica è uscito dal suo studio scuro in volto e ha preso per le orecchie la classe politica spedendo a palazzo Chigi un tecnico, anzi un supertecnico, tutti i partiti si sono battuti il petto e detti disponibili alla bisogna. Poi come ragazzini che ricominciano a fare chiasso appena uscito il professore, è ripreso il solito spettacolo dei veti, della lotta per i fantomatici posti, dei distinguo, dello sguardo interessato ai sondaggi. Niente di strano, si dirà, se la politica fosse una questione di educande la farebbero le educande e non i politici. Niente di strano salvo un piccolo particolare: il messaggio di Mattarella e l’arrivo di Draghi a palazzo Chigi.

Il cambio di un governo in un Paese del G7 non è cosa di poco conto, specie in tempo di pandemia e di Recovery, e se tutto ciò avviene il motivo non può esser fatto coincidere sbrigativamente con la testarda follia di un senatore fiorentino. Non si tratta di evocare grandi vecchi, basta solo accorgersi che esistono fili invisibili che tengono insieme gli avvenimenti, interconnessioni interne e internazionali, processi, e non coglierne il significato evidenzia provincialismo, ignoranza e improvvisazione. Ecco proprio di questo, più che di egoismo (tutti siamo egoisti) è accusabile parte della nostra classe politica. Di non capire il tornante della storia che stiamo vivendo, con il più grande choc sanitario degli ultimi cento anni, i miliardi del Ricovery-Marshall per ricostruire l’Italia, la crisi del sovranismo e della globalizzazione. Di fronte alla Storia si pensa al posto, a quanti ministri toccano a me e quanti a te come pare stia accaddendo durante le prime schermaglie per questo Draghi uno. Una realtà invece ben compresa da Mattarella, perché nell’alto del Quirinale si vede più lontano, e non a caso da gente che possiede un’agenda europea fornita di qualche numero di telefono buono, tipo Berlusconi, Casini e con tutte le ironie che si possono fare sui suoi contatti internazionali anche Matteo Renzi. L’aveva capito nel Pd Paolo Gentiloni, che prima di Natale fece dichiarazioni esplosive contro il governo Conte, e che guardacaso sta a Bruxelles e uno tra i più internazionali tra i leghisti, Giancarlo Giorgetti. Per gli altri la nebbia si deve ancora diradare, e l’insistenza tuttora esistente nel Pd e nei Cinquestelle a non cercare una svolta rispetto al Conte II indica ottusità e nanismo politico. Se il Conte II è morto è perché non funzionava, inutile volerne una riedizione. Mattarella ha chiesto una svolta, la Storia ci chiede una svolta, il Paese, tutto, chiede una svolta di vera governabilità e modernizzazione. La politica fatica a individuare una svolta che sarà faticosa ma è indispensabile. Chi resta resta fuori si condanna da solo.