L’Italia senza figli non ha più futuro. "Ora un welfare per le famiglie"

Il demografo Dalla Zuanna: sistema fermo agli anni ’50, quando le mamme si occupavano solo dei bambini. "Servono subito un assegno fino a 18 anni, l’aumento dei nidi e la creazione di baby sitter di Stato".

Migration

Professor Giampiero Dalla Zuanna (ordinario di Demografia all’università di Padova), secondo l’Istat il popolo italiano è in via di estinzione…

"È un dato di fatto. Sono 40 anni che il tasso di natalità è di 1,5 figli per donna, quando ce ne vorrebbero almeno due per mantenere il nostro livello di popolazione. Stiamo invecchiando e abbiamo tenuto botta negli ultimi 10 anni perché c’è stato un forte flusso immigratorio che ha coperto i ‘buchi’ creati dalla denatalità. Ma così non può continuare, anche perché sono ormai uscite dall’età fertile le cosiddette ‘baby boomer’, le donne nate negli anni ’60 e ’70, dunque non possiamo che attenderci un ulteriore calo".

Perché a un certo punto le donne in Italia hanno smesso di fare figli?

"È a causa di un combinato di vari fattori, che vanno dalla crisi economica al fatto che l’Italia non si è mai evoluta sotto il profilo del welfare verso le famiglie, ma è rimasta agli anni ’50, quando valeva il famoso detto che chi fa i figli, poi se ne deve far anche carico. È solo che all’epoca bastava uno stipendio solo per mantenere una famiglia e le donne stavano a casa o lavoravano solo mezza giornata. Ma l’economia è cambiata e con essa sono arrivate le scelte da fare; se uno i figli non può mantenerli perché ha poche risorse e non ha nulla a cui appoggiarsi se li mette al mondo, è chiaro che ci rinuncia".

In altri Paesi hanno fatto scelte diverse.

"Certo, hanno spostato ingenti risorse sul welfare familiare, hanno cambiato la cultura di fondo che invece persiste in Italia, Spagna, Grecia, Corea del Sud, Taiwan e Giappone che, guarda caso, sono proprio quei Paesi a tasso negativo di natalità, dove non si è investito nel welfare familiare, ma si continua a pensare che chi fa figli se ne debba poi fare completamente carico".

Cosa possiamo fare per invertire la tendenza?

"Fare come i tedeschi. Loro hanno un assegno per ciascun figlio, una cifra anche importante, che le famiglie ricevono fino alla maggiore età, hanno allargato l’accesso ai nidi e costruito anche figure alternative di assistenza riconosciute e flessibili, ossia persone che prendono in casa gruppi di bambini, li assistono e sono pagati dallo Stato e poi hanno aumentato i soldi delle donne in congedo parentale, in modo che non debbano scegliere tra stare con i figli e tornare al lavoro per ragioni economiche. Dieci anni fa la Germania aveva una natalità più bassa della nostra e grazie a queste misure hanno invertito totalmente la tendenza. In Olanda le donne che decidono di prendersi periodi di congedo, non solo mantengono il posto di lavoro, ma per legge le si mette in condizione di lavorare di meno a parità di stipendio".

In Italia, gli imprenditori considerano ancora le donne che fanno figli un peso per l’azienda anziché una risorsa.

"Anche questa mentalità va cambiata, ma soprattutto bisogna dare alle famiglie la certezza di un aiuto fattivo da parte dello Stato. Bastano 56 miliardi, che si sarebbero potuti trovare anche prima se non si fosse scelto di mettere denaro in misure come quota 100. Però, almeno qualcosa si muove…".

Cosa?

"Giovedì al Senato sarà in votazione l’assegno unico per le famiglie, una misura nata nella precedente legislatura (primo firmatario l’ex ministro Delrio, ndr) che dovrebbe dare alle famiglie la certezza di un sostegno per i figli fino alla maggiore età".

Professore, il Covid che effetto avrà sulla natalità?

"Negativo, senza dubbio; se la gente già prima era dubbiosa perché non vedeva futuro, figurarsi ora. Mi aspetto dati di natalità ancora più bassi nel 2021".

Ci estingueremo?

"No, non succederà. Perché arriverà una forte ondata migratoria che darà un ricambio alla popolazione, andando a ricoprire quell’offerta di lavoro che noi non siamo in gradi di coprire con i nostri figli".