L’Italia moderna è nata coi diritti delle donne

Monica

Peruzzi

Primo dicembre 1970. Dopo una delle sedute più lunghe e combattute della storia parlamentare, la Camera approva la legge per il divorzio. Nasceva un’altra Italia, un Paese che iniziava a parlare di riforme e di diritti, nel segno delle donne. Con Spagna e Irlanda il nostro era uno dei pochi Stati europei dove ancora il legame nuziale era considerato indissolubile. Era il Paese raccontato da Pietro Germi in “Divorzio all’italiana” (1961), in cui separati e figli naturali avuti fuori dalle nozze, dovevano uscire dalla legalità per riuscire a vivere e godere dei nuovi affetti. Con un’evidente differenza fra mariti e mogli. L’adulterio era un reato punibile solo per le seconde.

Era l’Italia che, nei fatti, legittimava la violenza di genere: si dovrà aspettare il 1981 per cancellarel’orrore sancito dall’articolo 587 del Codice Penale, il “delitto d’onore”. Chiunque cagionasse la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopriva “la illegittima relazione carnale, nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia”, rischiava dai 3 ai 7 anni di carcere. Un Paese in cui la battaglia per impedire che la legge sul divorzio diventasse effettiva, fu feroce. Solo quattro anni dopo, il 12 maggio 1974, il referendum abrogativo confermò la schiacciante volontà popolare. Ma fu in quel primo giorno di dicembre di 50 anni fa che prese il via un processo irreversibile che avrebbe segnato la separazione tra fede e politica, tra leggi civili e leggi religiose, fino a portare, sempre nel 1974, alla legge sull’aborto e, l’anno successivo, alla riforma del diritto di famiglia. Conquiste che sancirono il diritto delle persone a scegliere dei propri sentimenti, del proprio corpo, della propria vita. Sancirono il riconoscimento di quei diritti a tutti, anche alle donne. Diritti irrinunciabili, che negli anni si sono arricchiti di altre conquiste, dal divorzio breve allo stalking al codice rosso. Diritti fragili, sempre più spesso rimessi pericolosamente in discussione, in un Paese che ha ancora tanta strada da fare per diventare più uguale e giusto per tutti.