Mercoledì 24 Aprile 2024

L’interventismo in ritardo del dem Biden

Cesare

De Carlo

era una volta il secolo americano. Cominciò con l’intervento tardivo di Wilson nella prima guerra mondiale. Si consacrò con l’intervento, altrettanto tardivo, di Roosevelt nella seconda guerra mondiale. Continuò con Truman in Corea, Kennedy in Vietnam, Clinton nei Balcani, Obama in Libia. Che cosa avevano in comune questi eventi? Innanzitutto la presunzione di obbedire a una missione storica. Gli Stati Uniti si consideravano la nazione indispensabile (Madeleine Albright), il gendarme buono (Henry Luce), i promotori della democrazia nel mondo. In secondo luogo tutti i presidenti succitati erano democratici. E Joe Biden l’altro giorno è sembrato riallacciarsi a quello stesso interventismo che i nemici della guerra fredda bollavano come imperialismo. In realtà Biden non può non accorgersi che il secolo americano è finito. Un paradosso.

Ancora un ventennio fa Francis Fukuyama teorizzava la fine della storia e non la fine dell’egemonia americana. Anzi, la storia era finita proprio perchè gli Stati Uniti avevano portato all’autodistruzione l’Unione Sovietica. E se questo era accaduto bisogna ringraziare il repubblicano Ronald Reagan: aveva sconfitto l’impero del male senza sparare un colpo. Ma mentre l’Urss si disgregava emergeva un altro impero del male: la Cina comunista, prospera proprio per avere sconfessato

il comunismo economico. Clinton le aveva aperto

le porte della World Trade Organization. Un suicidio. Ebbene contro la nuova superpotenza l’interventismo di Biden non ha più ambizione di un contenimento d’emergenza. L’intero Occidente è in ginocchio. Diverso il caso della Russia, potenza nucleare ma cenerentola economica. Putin è messo sull’avviso. Infine in Medio Oriente Biden rischia di ripetere gli errori di Obama sulla primavera araba. Il suo disimpegno nello Yemen lascia campo libero agli ayatollah.

Gli alleati nel Golfo non ne saranno rassicurati. ([email protected])