Mercoledì 24 Aprile 2024

L'inno di Mameli e quello del quartiere

Pochi giorni dopo l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, Leo Longanesi annotò una conversazione che aveva ascoltato su un tram di Roma. "Credete che verranno a bombardare Roma?", domandava un tale ad un altro. "Roma? Oddio speriamo di no... Ma non credo... A Roma ci sono opere d’arte, monumenti di valore mondiale, la Chiesa... Più facile che vadano a bombardare Milano, dove ci sono le fabbriche", rispose il tipo. "Ma sì, mi sembra più giusto che bombardino Milano", chiosò l’altro, evidentemente tranquillizzato. "L’unità nazionale", commentò acido Longanesi, "la si vede anche in queste piccole cose".

Il cinico scambio di battute raccolto da Longanesi mi è tornato in mente leggendo ieri l’intervista che il nostro Marco Galvani ha fatto al sindaco di Monza, Dario Allevi. Monza è la città più bersagliata d’Italia dal Covid e il suo ospedale, il San Gerardo, è al collasso. Ma, dice sconsolato Allevi, "nonostante i nostri appelli negli ultimi giorni quasi nessuno si è fatto avanti per accogliere pazienti". Eppure, nella prima ondata il 75 per cento dei ricoverati all’ospedale di Monza arrivava da fuori provincia. Monza si aspettava un minimo di reciprocità nella generosità, ma fino a ieri si registrava solo una trentina di codici verdi dirottati verso Brescia, Cremona, Pavia, Lecco e Mantova.

Tutto questo, purtroppo, mi pare solo un esempio di come tutti noi siamo diventati, in questa seconda ondata, più preoccupati del nostro orticello che, appunto, dell’unità nazionale. O, se preferite, della comunità, come ha scritto l’altro giorno in questa pagina Giorgio Vittadini. In marzo cantavamo l’Inno di Mameli: adesso, se va bene, quello del quartiere.

Primum vivere: poi si penserà, nei ritagli di tempo e forse, alla solidarietà. Se andiamo avanti di questo passo, immagino che cosa succederà quando arriveranno le prime dosi del vaccino: si scatenerà una corsa ad accapparrarsi le fiale passando sopra a tutto e a tutti? La seconda ondata ci ha trovati purtroppo più egoisti e divisi. Ma - e cito ancora Vittadini - sul palcoscenico della vita siamo tutti legati gli uni agli altri.