"L’esercito si schiera: ora vaccini di massa"

Il generale Battistini guida la Sanità militare: "Da lunedì in campo a centinaia. Alla Cecchignola la base modello: hub in tutta Italia"

Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, 54 anni, al presidio della Cecchignola

Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, 54 anni, al presidio della Cecchignola

Nelle ultime settimane è passato da una riunione all’altra sempre con la carta geografica sottomano. Grandi manovre in corso. Il generale Antonio Battistini è il comandante della Sanità militare che sta entrando nell’operazione-vaccini, in cui è impegnata l’Italia intera. Già prima coinvolti nell’ assistenza a vario titolo, ora i camici bianchi con le stellette sono chiamati a prendere in mano siringhe e dosi in affiancamento a civili.

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Generale, allora da lunedì si comincia?

"Esatto, come ha spiegato il ministro Lorenzo Guerini durante la sua visita, sarà operativo il primo centro per la vaccinazione di massa organizzato dalla Difesa nella cittadella militare della Cecchignola a Roma. L’esercito allargherà poi i punti di vaccinazione in diverse parti dì’Italia".

Come è organizzato l’hub della Cecchignola?

"Qui sono già operative due postazioni di drive trough per i tamponi. Si aggiungeranno altri due binari per i vaccini".

Con che potenzialità?

"Con 32 postazioni si potrà arrivare fino a 2500 somministrazioni al giorno a cui si dedicano 40 medici e 70 infermieri delle Forze armate e dell’Asl locale".

Come sono divisi i due binari di vaccinazione?

"Ci sono moduli per pre e post iniezione, una emergency room e due settori: uno per ultraottantenni in una struttura fissa e un altro all’interno di una tensostruttura dedicato e cittadinanza e forze dell’ordine. Tutto in sinergia con l’Istituto Spallanzani e la Regione Lazio".

Quanti militari sono impegnati nell’emergenza?

"Diverse centinaia. Per far funzionare l’attività sanitaria servono manutenzione, controllo, rifornimento, assistenza. Operano reparti del genio, dei trasporti, della logistica e altri per la sicurezza".

Su che altri fronti siete presenti?

"Nei centri ospedalieri militari di Roma e Milano abbiamo disponibili 150 e 48 letti, poi sono operativi ospedali da campo ad Aosta, Cosenza, e Perugia più altre strutture minori ad Amatrice e Viterbo. E forniamo assistenza in diverse Rsa, solo in Sardegna sono 170".

Attrezzati in fretta e furia.

"Eravamo pronti perché esiste già un piano vaccinale della Difesa adattato a seconda delle esigenze e delle richieste del governo. Da tempo abbiamo reso operativi 200 punti di drive trough per i tamponi a cui si affiancheranno, eventualmente nelle stesse aree, punti vaccinali".

Una flessibilità che non sempre lo Stato dimostra.

"Io posso parlare per l’Esercito. La nostra flessibilità deriva dall’esperienza di situazioni emergenziali continue nei teatri operativi all’estero. Gestiamo due ospedali anche in Libia e Afghanistan".

All’estero si praticano vaccinazioni?

"Ovvio, è in parte da lì che deriva la nostra esperienza. In Italia si vaccinano anziani e minori, mentre i militari sono l’unica categoria protetta anche in età media soprattutto per le missioni. Ciò prevede schedule vaccinali specifiche e medicina preventiva allargata con una raccolta dati molto utile".

Cosa insegna lo sforzo vaccinale all’estero per la ricerca?

"Si lavora sulla diagnostica di biologia molecolare e sull’isolamento di nuovi virus con attenzione all’infettivologia. Nelle missioni si possono individuare agenti patogeni che da noi non sono presenti".

L’assetto sanitario militare potrebbe produrre i vaccini?

"L’Istituto chimico farmaceutico militare è entrato nella componente delle aziende industriali che fanno capo alla Difesa e possiede strutture e competenze necessarie. Potenzialmente, se dovessero venire liberati i brevetti, è in grado di farlo".