L’epidemiologo e le varianti Covid: siamo in ritardo. "Dissi che il virus mutava"

Il professor Ciccozzi: "Abbiamo fatto pochi sequenziamenti e non è mai partito un sistema di sorveglianza come nel Regno Unito" "Quando in primavera sostenni che il Covid stava cambiando pelle mi criticarono gli stessi che oggi cavalcano la stessa tesi"

Covid: sos varianti

Covid: sos varianti

Servizio sanitario in alto mare. Ora scopriamo di aver sottovalutato per mesi l’importanza di sequenziare le varianti del virus. Secondo Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus BioMedico di Roma, è una esitazione che stiamo pagando a caro prezzo.

La variante inglese contagia i bimbi

Professore, dalle proiezioni del Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche, emerge che la pandemia da Covid-19 è in fase di incremento esponenziale per via delle varianti in circolazione. Fino a qualche giorno fa nemmeno sospettavamo cosa fossero, queste varianti. Cosa bisogna fare?

"Se vogliamo avere un quadro reale della situazione occorre dotarsi di un sistema di sorveglianza come quello avviato nel Regno Unito nel marzo dell’anno scorso. L’Istituto superiore di sanità sta tentando di metterlo in piedi, ci arriveremo, ma bisogna sbrigarsi. Ora come ora stiamo facendo pochi sequenziamenti programmati, siamo in ritardissimo".

Chi è in grado di produrre questi sequenziamenti in Italia?

"Tanti laboratori sono attrezzati in questo senso, li fanno ad esempio al Sacco di Milano, allo Spallanzani di Roma, al San Matteo di Pavia, al San Raffaele, negli Spedali civili di Brescia dove Arnaldo Caruso (presidente dei virologi italiani, ndr) ha individuato una variante locale del virus Sars-Cov-2. Quel che manca è una rete organizzata, simile a quella degli istituti zooprofilattici. Occorre fare sistema, gli inglesi per questa operazione hanno messo sul piatto 20 milioni di sterline, gli esami costano".

Lei è stato soprannominato cacciatore di mutazioni. L’anno scorso in primavera fu il primo a sostenere che il virus stava cambiando pelle, mentre gli infettivologi smentivano.

"Vero, fui messo in croce dagli stessi che oggi cavalcano le varianti. La prima mutazione descritta è stata quella che ha diffuso la pandemia in Italia. Se la variante inglese continua a correre, presto si sostituirà a quella. Ma non dobbiamo fare terrorismo, occorre imparare a convivere anche con le varianti, sempre con mascherine, distanziamento, le altre misure, e con il vaccino".

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Però, una rete di sorveglianza sarebbe preziosa, come un radar in tempo di guerra. Nel Regno Unito in un anno sono stati eseguiti 270mila sequenziamenti di campioni di Coronavirus, da noi ne hanno fatti meno di 4mila.

"Ma in questi mesi quasi nessuno qui parlava di mutazioni. Oggi invece sappiamo della variante brasiliana, della sudafricana, di quella inglese e delle altre. Sappiamo che i vaccini hanno una efficacia anticorpale sostanzialmente valida anche verso i nuovi ceppi. Negli Usa il gruppo di Bette Korber, ricercatrice del Los Alamos National Laboratory, ha descritto una forma ricombinante di due varianti".

Può azzardare una previsione sull’andamento della pandemia?

"Questo virus prima o poi si adatterà all’umanità. Una delle ipotesi più accreditate parla di evoluzione convergente, cioè le varianti esprimono tutte il tentativo di questo virus di sopravvivere come parassita, senza uccidere l’ospite".

E il Consorzio nazionale per il sequenziamento genomico delle varianti, che era atteso a gennaio, quando partirà?

"Da viceministro, Pierpaolo Sileri era uno di quelli che spingeva per fare la rete. Quando è caduto il governo siamo stati fermi tre o quattro settimane, poi si è aggiunto il caos vaccini. L’Istituto superiore di sanità sta ora cercando di recuperare il tempo perduto. Ci arriveremo, è ovvio. Però dovevamo farlo prima".