L’asse Pd-M5s e la corsa al Quirinale

A Sergio Mattarella, felicemente regnante, il chiacchiericcio sul suo successore (ammesso che lui non venga rieletto), dà meno fastidio del frinire notturno di una cicala. Manca un anno e mezzo al fatidico giorno, ma – vecchi di mestiere – non ci meravigliamo che ci siano già più candidature che funghi porcini di prima estate. Ma chi eleggerà il prossimo capo dello Stato? I governisti di Pd e 5 Stelle sognano un accordo che confermi al Quirinale un uomo dei primi e blindi a palazzo Chigi uno dei secondi. Sogno legittimo, ma allo stato con qualche fragilità.

In diciotto mesi le due più forti componenti della maggioranza avranno superato tutti i contrasti che da settimane li tengono divisi su tutti i principali dossier? Il M5S tornerà ad essere una testuggine blindata come le mitiche falangi romane? Non abbiamo la vista così lunga per non dubitarne. Di certo c’è che se a settembre il centrodestra dovesse davvero conquistare 4 regioni su 6 (comprese Marche e Puglia), salirebbe a controllarne sedici su venti. E potrebbe contare su 46 voti su 58 dei delegati regionali alle elezioni per il Quirinale. Forlani non fu eletto per 29….

Se davvero al centrosinistra restassero solo quattro regioni – pure importanti – come Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania, esso governerebbe su 18 milioni di italiani contro i 42 del centrodestra. Mai visto niente di simile. In tre mesi può accadere di tutto e i sondaggi sono fotografie virtuali. Ma è difficile sostenere che il cosiddetto ‘quadro politico’ non ne risentirebbe affatto. Eppure il pericolo maggiore dal quale deve guardarsi Conte è la situazione socioeconomica del semestre che ci divide dalla fine dell’anno. Il governo non è fortunato. Un eccellente provvedimento come la cassa integrazione fino a un solo dipendente è stato rovinato da lacci burocratici scoraggianti, oltre che da qualche annuncio incauto del presidente dell’Inps. Per cui non si pensa a quel che si è ottenuto, ma a quel che è arrivato o arriverà troppo tardi.

Si aggiunga la logorante trattativa sui soldi del Mes, su Alitalia, Ilva, Autostrade, su taglio Iva o del cuneo fiscale. L’immagine è perfino peggiore di quanto il gabinetto meriterebbe. Speriamo che il decreto Semplificazione ci stupisca per sostanza e tempestività. E speriamo che Conte non pensi al suo partito del 14 per cento che porterebbe alla Caritas PD e 5 Stelle. Altrimenti palazzo Chigi finirebbe in macerie.