L’arma social nelle mani di ragazzini

Davide

Rondoni

Ragazzi e social, ragazzi e tecnologia. Si può dire qualcosa di non scontato in un momento in cui il sangue di una ragazzina di dieci anni (dopo troppi altri) è stato letteralmente legato alla morte dall’uso di queste cose? Si può dire qualcosa di non banale, risaputo, moralistico? Ci provo.

Primo: il problema dei social e dei ragazzini sono gli adulti. E non solo perché li usano tanto, ma perché li hanno inventati per due motivi, guerra e mercato. Gli scopi e il boom della comunicazione

sono in mano a poteri di adulti che sanno quale è lo scopo di tale tecnologia: il conflitto e i soldi. Tutti gli sviluppi principali della tecnologia sono dovuti a guerra e soldi, cioè a scopi perseguiti da adulti, che usano semmai l’intrattenimento dei ragazzini per raggiungere e rinforzare i loro scopi.

Possibile che non riusciamo a prevedere un terremoto (un cane funziona meglio di ogni nostro apparecchio) ma si sono spesi valanghe di soldi per sviluppare tecnologie di comunicazione?

Negli attuali conflitti e per il potere sui soldi servono di più le tecnologie che tracciano persone e i sistemi di controllo che una macchina per prevedere terremoti.

Insomma, i ragazzini col telefono tra le mani eseguono inconsapevolmente un compito dato loro da adulti. Sono armati da loro.

Secondo: la potenza dell’entertainment a basso o zero costo. Una società che insegna a evitare la verità e la fatica (con slogan che vanno dal sei politico al fai quel che ti senti, da: ogni desiderio è un diritto, a: il corpo è mio e ci faccio quel che mi pare) come può contrastare nei ragazzi un uso smodato di intrattenimento e la creazione di mondi illusori?

Il tempo, fratello di fatica e verità viene continuamente ammazzato. È la società dell’astrazione. I social in mano ai ragazzini realizzano i sogni ideologici dei loro genitori e nonni, che li vedono realizzati. E, tardi e ipocriti, inorridiscono.