Killer incastrato da video e tracce Filmato mentre pulisce le scale "Spostò il cadavere con un carrello"

Portapacchi sequestrato davanti alla casa di un vicino. Il sangue scoperto dagli investigatori col luminol. Nelle riprese di una tv locale si vede Impagnatiello che lava i gradini. L’ipotesi dei pm: ha fatto tutto da solo.

di Anna Giorgi

e Nicola Palma

Un portapacchi per trasportare il cadavere. E un video girato tre giorni dopo l’omicidio che mostra il killer con spugnetta e spazzolone. Due elementi che, pur con le indagini ancora in corso e al netto di possibili futuri sviluppi in senso opposto, sembrano rafforzare l’ipotesi che Alessandro Impagnatiello abbia agito senza l’aiuto di altre persone nelle fasi successive all’omicidio della compagna Giulia Tramontano, uccisa a coltellate la sera del 27 maggio nel salotto dell’appartamento al primo piano di via Novella 14A a Senago.

Il carrellino è stato sequestrato dai carabinieri nel corso del sopralluogo di lunedì: a segnalare che potesse trattarsi di un oggetto rilevante è stato un altro inquilino dello stabile, che ha raccontato di averlo trovato nell’area comune dei garage e di esserselo portato a casa, pensando che qualcuno lo avesse abbandonato, lasciandolo vicino alla porta d’ingresso. Le verifiche col luminol hanno evidenziato tracce di sangue nella parte bassa, facendo ipotizzare che il corpo sia stato posizionato in verticale sul portapacchi per gli spostamenti tra box e cantina. Dal cartellino ancora presente sulle maniglie, i militari della Omicidi, coordinati dal colonnello Antonio Coppola, sono risaliti al titolare del negozio di ferramenta, che ha confermato di averlo venduto a un ragazzo. Lo stesso ragazzo, Impagnatiello, ripreso il 30 maggio da Telelombardia (il filmato è stato acquisito dai carabinieri) a pulire la rampa di scale che conduce ai sotterranei, ripercorrendo il tragitto che avrebbe compiuto trascinando il cadavere di Giulia verso i sotterranei. Tutte circostanze che fanno ritenere che il trentenne non sia stato aiutato dalle persone a lui più vicine, come spiegato da fonti della procura: al momento non è emerso nulla che faccia pensare il contrario; e ulteriori conferme potrebbero arrivare dall’autopsia di stamattina. Ieri pomeriggio si è tenuta a Palazzo di Giustizia una riunione operativa tra il procuratore capo Marcello Viola e le titolari dell’inchiesta, l’aggiunto Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo, per elaborare i quesiti da sottoporre al team di specialisti che parteciperanno all’esame autoptico, di cui fanno parte due medici legali, un entomologo forense, un tossicologo e un esperto in autopsie neonatali. Gli inquirenti vogliono capire innanzitutto quanti colpi siano stati inferti da Impagnatiello, in quali punti e da quale posizione: questo tipo di analisi servirà a suffragare o meno l’ipotesi che la donna sia stata aggredita alle spalle dal suo assassino e poi ferita alla gola senza darle possibilità di reazione; i tagli sulle braccia e la coltellata sotto il seno destro farebbero pensare a una difesa disperata e non solo a una dinamica da agguato, stando a quanto hanno chiarito gli investigatori. Quando il cadavere è stato ritrovato nell’intercapedine di via Monte Rosa, nella notte tra mercoledì e giovedì, l’addome non era visibile, nascosto da una specie di coperta, nastro adesivo e pellicola trasparente, di conseguenza non è stato possibile ispezionare quella parte di cadavere per intercettare altre eventuali ferite. Impagnatiello ha colpito anche lì? Ha puntato la lama alla pancia di sette mesi? In quale momento è deceduto il deceduto il feto? O, ancora, è sopravvissuto alla madre anche solo per qualche minuto?

Interrogativi decisivi per gli investigatori, intenzionati a esplorare fino in fondo la possibilità di tramutare le accuse di omicidio aggravato e procurato aborto in quella di duplice omicidio della madre e del bimbo che portava in grembo. Inoltre gli specialisti saranno chiamati ad accertare se Impagnatiello abbia somministrato alla ventinovenne dosi di topicida, alla luce delle ricerche web effettuate sei giorni prima dell’omicidio e del ritrovamento di due bustine di veleno nel suo zaino. Infine l’entomologo dovrà aiutare i medici legali a datare il momento esatto della morte e a ricostruire le tempistiche degli spostamenti del cadavere.