Martedì 23 Aprile 2024

Kiev chiede aiuto a Roma "Dateci i missili anti jet" E Meloni invita Zelensky

Telefonata tra i due leader, la premier annuncia: "Presto andrò in Ucraina". Putin allontana i negoziati e blocca l’export di petrolio ai Paesi col price cap

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di Marta Ottaviani

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha invitato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky a Roma, ribadendo la sua intenzione di recarsi a Kiev. I due leader ieri hanno avuto una conversazione telefonica definita "cordiale" da fonti istituzionali italiane, che segue quella avvenuta lo scorso 28 ottobre. Il presidente ucraino ha voluto ringraziare il governo per gli ulteriori 10 milioni di euro stanziati in occasione della Conferenza di Parigi per gli aiuti umanitari e ne ha approfittato per toccare due argomenti che gli stanno molto a cuore. Il primo riguarda il piano di pace che sta predisponendo Zelensky in vista di un (sempre più ipotetico) negoziato che, nelle speranze di Kiev, dovrebbe avere luogo a fine febbraio, in occasione del primo anniversario della guerra. Il secondo, in attesa della fine delle ostilità, è rappresentato dalla fornitura del sistema di difesa aerea, divenuto ancora più importante per l’Ucraina, ora che, da settimane, è sotto una pioggia di missili da parte della Russia che ha colpito anche infrastrutture civili, lasciando milioni di persone senza elettricità e riscaldamento. In un tweet, la presidente del Consiglio italiana ha sottolineato il "massimo impegno dell’Italia per ogni azioni utile per arrivare a una pace giusta".

L’Italia, dunque, si conferma uno dei Paesi in prima linea al fianco di Kiev. Una posizione espressa già dalle prime mosse del governo, lo scorso ottobre, quando il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, scelse proprio la controparte ucraina, Dmytro Kuleba, per la sua prima telefonata ufficiale. La telefonata fra Zelensky e la premier Meloni arriva a poche ore da un altro colloquio importante che ha avuto il presidente ucraino, quello con il premier indiano, Narendra Modi. Anche New Delhi, esponente dei Brics e fra i maggiori acquirenti di armi russe, ha detto di essere pronta ad appoggiare il piano di pace di Kiev e a favorire la cessazione delle ostilità. La comunità internazionale, insomma, ci prova. Dalla Russia, però, arrivano messaggi discontinui e contrastanti.

Ieri, il presidente Putin ha incontrato i rappresentanti della Csi, la Comunità degli Stati indipendenti, composta da nove delle 15 ex repubbliche sovietiche. Li ha ricevuti in un museo, dove i quadri rappresentavano alcune tappe della gloriosa storia imperiale russa. Immagini che devono suscitare un impatto soprattutto sull’elettorato e sulle popolazioni russofone. Ma il messaggio per la comunità internazionale è chiaro. Mosca non rinuncia al ruolo egemone che aveva nel periodo sovietico. Se fino a due giorni fa, proprio il presidente Putin aveva detto che la Russia era disposta a partecipare a un piano di pace, ieri ha firmato il decreto che vieta l’export del petrolio russo per il Paesi che adottano il price cap. La legge entrerà in vigore dal prossimo primo febbraio e sarà valida fino al primo luglio. Il limite dei profitti che Mosca incassa dall’export di materie energetiche, secondo il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, nel 2023 potrebbe portare a un deficit di bilancio di oltre il 2% del pil. Il capo della diplomazia russa, Sergheij Lavrov, alza i toni dello scontro e parla di un tentativo di omicidio del presidente Putin da parte degli Stati Uniti, aggiungendo che l’obiettivo dell’Occidente è la totale repressione della Russia. Un progetto "irresposabile" che, secondo il ministro degli Esteri, potrebbe portare a "uno scontro armato diretto fra potenze nucleari".