Uccise 3 persone a picconate, in appello confermata condanna di 20 anni per Kabobo

Lo scorso aprile l’immigrato era già stato condannato a 20 anni di carcere con il riconoscimento della seminfermità mentale e a 3 anni di casa di cura e custodia come misura di sicurezza a pena espiata. La difesa dell'imputato: "Valuteremo ricorso in Cassazione"

Adam Mada Kabobo in aula durante il processo d'Appello che ha confermato la condanna a 20 anni

Adam Mada Kabobo in aula durante il processo d'Appello che ha confermato la condanna a 20 anni

Milano, 20 gennaio 2014 - La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato la condanna a 20 anni di carcere per Adam Kabobo con il riconoscimento del vizio parziale di mente e la misura di sicurezza a 3 anni a pena espiata. Il ghanese uccise tre passanti a colpi di piccone lungo le vie del quartiere Niguarda a Milano, nel maggio del 2013. Una volta espiata questa pena, l'imputato dovrà scontare altri tre anni all'interno di una casa di cura e custodia. I giudici hanno così accolto in toto le richieste presentate dal procuratore generale Carmen Manfredda durante la sua requisitoria. Il loro verdetto è arrivato dopo due ore di camera di consiglio. I giudici della Corte d'Assise d'Appello, al pari dei colleghi titolari del procedimento di primo grado, hanno riconosciuto al "picconatore" di Niguarda la semi infermità mentale. Bocciata la richiesta della difesa, rappresentata dagli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuono, di disporre una nuova perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere di Kabobo al momento del triplice omicidio.

Lo scorso aprile, l’immigrato era stato condannato a 20 anni di carcere con il riconoscimento della seminfermità mentale e a 3 anni di casa di cura e custodia come misura di sicurezza a pena espiata. I legali di Kabobo - gli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno -  infatti, in primo grado avevano insistito già per il riconoscimento della totale incapacità di intendere e di volere, ma il gup ha riconosciuto soltanto il vizio parziale di mente per il ghanese che soffre di una forma di schizofrenia paranoide. Secondo il giudice, infatti, la malattia mentale del ghanese non aveva «agito al suo posto» e anzi l’immigrato in alcune fasi gli omicidi si era dimostrato «lucido». L’11 maggio del 2013 Kabobo uccise Daniele Carella di 21 anni, Alessandro Carolè di 40 anni e Ermanno Masini di 64 anni. 

In realtà i giudici sono partiti, rispetto al primo grado, da un differente calcolo delle pene per i reati contestati (32 anni in totale invece di 35), ma con lo sconto del rito abbreviato e con il fatto che la pena base non poteva superare i 30 anni, il verdetto definitivo è stato di 20 anni di reclusione. La difesa di Kabobo, che era presente in aula, aveva chiesto come in primo grado l'assoluzione per incapacità totale di intendere e di volere. I giudici hanno inoltre riconosciuto i risarcimenti e le provvisionali concesse in primo grado alle parti civili, ossia ai familiari di Ermanno Masini, Daniele Carella e Alessandro Carolè, le tre vittime. Tra l'altro, per Kabobo, il prossimo 10 febbraio riprenderà l'udienza preliminare con l'accusa di duplice tentato omicidio in relazione ad altre due aggressioni avvenute sempre quella mattina dell'11 maggio 2013. 

ERMANNO MASINI

ALESSANDRO CALORE'

DANIELE CARELLA

 

I PARENTI DELLE VITTIME - "Speravo in qualcosa di più, però questo è il massimo che si poteva ottenere e quindi accetto la decisione". Così Andrea Masini, figlio di Ermanno, una delle tre vittime di Adam Kabobo, ha commentato la sentenza d'appello che ha confermato i 20 anni di carcere per il ghanese che uccise tre persone a colpi di piccone a Milano. I genitori di Daniele Carella, altra vittima, che aveva 21 anni, hanno detto solo poche parole spiegando di essersi "affidati ai nostri avvocati". Uno dei loro legali, l'avvocato Jean Paule Castagno, ha parlato di una "sentenza giusta, al di là dei pellerossa", facendo riferimento a un paragone utilizzato in aula oggi dai difensori di Kabobo. Il processo d’appello non ci doveva nemmeno essere, perché qui ci sono un padre, un fratello e un figlio morti. Sono qui a sentire analogie con i pellerossa, quando il processo d’appello non ci doveva nemmeno essere”, aveva dichiarato stamattina sempre Andrea Masini, figlio di una delle vittime di Adam Mada  Kabobo, a margine del procedimento di secondo grado a carico del ghanese. “Il mio perito dice che questa persona ha agito con consapevolezza - aveva proseguito Masini -. Io vorrei che la si finisse qua e basta. Gli hanno dato vent’anni di carcere, mi auguro che meno non siano”. Ai cronisti che gli chiedevano se lo abbia ferito l’entità della pena inflitta in primo grado a  Kabobo, Masini aveva risposto: “La ferita è sentire certe cose da parte di avvocati che di giurisprudenza non capiscono nulla. Hanno detto che  Kabobo ha preso i cellulari delle vittime come trofeo, come facevano i pellerossa con gli scalpi dei nemici. Fare certe analogie significa essere teatrali per cercare di  convincere i giudici quando non hai altro da dire”. 

In un fermo immagine Adam Mada Kabobo, si allontana dal luogo dell'aggressione con il piccone in spaLA DIFESA DI KABOBO -  "Leggeremo le motivazioni della sentenza e vedremo se ci sono gli spazi per il ricorso in Cassazione". Così gli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno, legali di Adam Kabobo, hanno commentato la sentenza di appello che ha confermato i 20 di carcere per il ghanese accusato di triplice omicidio a colpi di piccone. La difesa ha chiarito che, in ogni caso, i giudici hanno accolto uno dei motivi del loro ricorso, perché hanno rideterminato la pena complessiva che era di 35 anni in primo grado portandola a 32 anni. Con l'effetto del rito abbreviato, la pena finale comunque è stata di 20 anni. I difensori inoltre hanno voluto spiegare che quando in aula hanno fatto un paragone tra l'azione di Kabobo di prendere i cellulari alle vittime e i gesti di vittoria dei pellerossa «non abbiamo voluto mancare di rispetto, era soltanto un esempio per illustrare le nostre tesi".