NEW YORK
Jean Kennedy Smith era l’ultima dei fratelli Kennedy. L’ultima dei ‘Camelot’. E’ morta ieri a 92 anni nella sua bella casa di Manhattan (non è chiaro se per il Coronavirus) dove si era trasferita alla fine della sua attività diplomatica. Straordinariamente somigliante a JFK e a Bob Kennedy, legatissima al senatore Ted, madre di 4 figli, poco amante dei riflettori, sportiva, spericolata e avventurosa come molti in quella famiglia segnata da enormi tragedie, Jean si vantava: "Tutti mi guardavano pensando ai miei fratelli famosi ma per me sono sempre stati quelli con i quali giocavo da bambina".
Contenta di rimanere nell’ombra, solo nel 1991 a un anno dalla morte del marito Stephen Smith (capo di gabinetto alla Casa Bianca con JFK) Jean fu costretta a mostrarsi in pubblico per sostenere e difendere il figlio William accusato e assolto a Palm Beach da una pesante accusa di stupro, che acquistò immediatamente una dimensione nazionale per il nuovo scandalo dei Kennedy.
Discreta e silenziosa, Jean rimarrà nei libri di storia soprattutto per la sua estemporanea attività diplomatica in Irlanda. Fu Bill Clinton, su pressione di Ted Kennedy, a nominarla ambasciatrice americana a Dublino anche se non aveva esperienza di negoziatrice ma conosceva solo bene l’Irlanda per i suoi trascorsi da ragazza. Con un colpo a sorpresa, nel 1993 quasi sul filo dell’incoscienza, Jean usò il peso della sua famiglia per dare sfogo ad una intuizione istintiva. Capì che in quel momento concedere un visto e un nulla osta per gli Usa a Gerry Adams, il temuto capo politico dell’Ira, poteva servire alla causa della pace e ci riuscì. Sei mesi dopo venne firmata la tregua, i britannici si ritirarono dall’Ulster e Bill Clinton ricevette il capo dell’Ira alla Casa Bianca con Jean Kennedy sorridente in un angolo. Da 11 anni, dopo la morte del senatore Ted, era rimasta lei l’ultimo faro della grande famiglia e non si era mai vantata di essere stata di fatto la prima Kennedy donna a ricoprire un ruolo politico. Nel 2016 si concesse un solo lusso: lo scrisse in un libro di memorie dal titolo ‘The Nine of Us’.
Giampolo Pioli