Giovedì 18 Aprile 2024

Italia e Francia, patto al Quirinale Nasce l’Europa del dopo Merkel

Parigi e Roma siglano un’intesa su economia, migranti e difesa. "In questo modo rafforziamo anche la Ue"

Migration

di Antonella Coppari

Il trattato del Quirinale, in realtà, con il Colle non c’entra nulla. L’antico Palazzo dei papi sarà solo il luogo della firma che stamani metteranno il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro italiano Mario Draghi. Il padrone di casa, Sergio Mattarella, si limiterà ad osservare senza proferire verbo. In realtà l’iniziativa nonché la responsabilità appartiene al governo della Repubblica, l’attuale e quelli che l’hanno preceduto. Soprattutto, l’esecutivo presieduto nel 2017 da Gentiloni che, assieme allo stesso Macron, lanciò l’idea.

A cosa mira? A migliorare i rapporti con i cugini d’Oltralpe eliminando una serie di "malintesi", che nel corso degli degli anni ci sono stati fino a esplodere sulla Libia. Ma anche a limitare comportamenti predatori sulle nostre aziende. Grazie a questo trattato la cooperazione sarà più stretta ma anche più equilibrata e può costituire un vantaggio per entrambi. Senza perdere di vista il quadro europeo, orfano della cancelliera Merkel: si tratta di costruire un’alleanza in grado di controbilanciare i Paesi del Nord, roccaforti della "frugalità", dando maggior peso ai Paesi mediterranei.

Ma non mancano le obiezioni di chi vede, nella rafforzata cooperazione industriale ed economica, il rischio di un effetto boomerang che spinga i giganti francesi verso acquisizioni dei gioielli di famiglia italiani. "Non siamo una colonia", lamenta la Meloni (Fd’I), assai critica anche per quanto riguarda il metodo: "Non ne sappiamo niente. Se ne sono occupati esponenti del Pd". Netta la replica di Palazzo Chigi: il Parlamento dovrà ratificare il trattato, avrà modo di discuterne. Procedura comune a ogni accordo internazionale.

Il testo – che verrà illustrato oggi in conferenza stampa – è composto di 11 capitoli che vanno dagli esteri all’Economia all’ immigrazione; tra gli argomenti anche una cooperazione transfrontaliera tra le due polizie e il nuovo consiglio di difesa italo-francese, che riunirà i rispettivi ministri degli Esteri e della Difesa. Nel concreto, Italia e Francia non solo si consulteranno periodicamente, terranno un vertice governativo bilaterale ogni anno (tradizione interrotta dalla crisi tra Roma e Parigi ai tempi del primo governo Conte e dal Covid) con Draghi che propone addirittura lo scambio di ministri una volta a trimestre, ma cercheranno posizioni comuni nei vertici internazionali e si rappresenteranno a vicenda nei fori in cui non sono presenti. La firma è stata preceduta ieri da due colloqui di Macron, prima con Mattarella e poi con Draghi (due ore di confronti) quindi tutti di nuovo sul Colle a cena dal capo dello Stato, che osserva: "Un legame più forte e strutturato tra Italia e Francia contribuirà a costruire un’Europa più forte".

Vero è che il risultato non sarà in nessun caso paragonabile a quell’asse franco-tedesca cui con tutta evidenza si guarda, a partire dal nome, e cioè il trattato dell’Eliseo firmato nel 1963 da de Gaulle e Adenauer, e aggiornato ad Aquisgrana nel 2019 da Macron e Merkel. Si tratta, in compenso, di un passo avanti verso il raggiungimento di quella locomotiva a tre italo-franco-tedesco dell’Unione che è in questo momento l’obiettivo.