Clima, Italia sott'acqua nel 2050. La mappa delle coste a rischio

Romagna e Toscana nel mirino dell’alta marea. La ricerca choc: "Eventi estremi ogni anno e danni mille volte superiori". L’unica soluzione: tagli alle emissioni e interventi strutturali rapidi

Grafico: Italia sott'acqua nel 2050

Grafico: Italia sott'acqua nel 2050

Roma, 15 novembre 2019 - A causa dei cambiamenti climatici causati dall’uomo il livello del mare crescerà tra i 60 e i 110 centimetri a fine secolo, se il riscaldamento sarà superiore a 2 gradi. Gli eventi estremi marittimi che oggi avvengono una volta al secolo avverranno ogni anno e i danni aumenteranno da 100 a 1.000 volte. A dirlo è l’Ipcc, il più autorevole organismo scientifico sui cambiamenti climatici. Ma senza tagli delle emissioni o adattamento (interventi per ridurre gli impatti) i cambiamenti saranno pesanti già al 2050. E non solo nelle isole tropicali, in Bangladesh, in Egitto, ma anche in Italia. Ad affermarlo è una ricerca di Climate Central pubblicata sulla rivista Nature Communications .

Clima, Italia sott'acqua nel 2050. La mappa delle coste a rischio

La zona di gran lunga più interessata è l’Alto Adriatico, da Monfalcone a Cesenatico. Salve alcune zone costiere (da Bellaria e Cesenatico fino a Lido di Savio, da Marina di Ravenna a Marina Romea, da Lido di Spina Lido delle Nazioni, Albarella, Chioggia, i lidi Venezia e Jesolo, Caorle, Bibione e Lignano), il problema è per le aree interne dietro la costa, anche per decine di chilometri. In caso di forti maree e tempeste (l’acqua potrebbe circondare Ravenna (inondando Classe e la zona industriale), raggiungere Comacchio, Longastrino, Ostellato, arrivare alla porte di Argenta, Portomaggiore, Tresigallo e Copparo, coprire l’intero Delta del Po. E poi, più su arrivare fino a Cavarzere, Piove di Sacco, Marghera, parte di Mestre e di Venezia, Altino, San Stino di Livenza, sfiorare SanDonà del Piave fino alle aree costiere di Tagliamento e lsonzo.

Sul Tirreno, sempre al 2050 sono a rischio l’area di Calambrone nel livornese, la zona a est della foce del torrente Cornia a Piombino, aree alla foce dell’Ombrone, la zona bassa tra Talamone e Fonteblanda nel grossetano, quella attorno al lago di Burano fino a Pescia Romana nel Lazio, la zona di Lagolungo vicino a Sperlonga. Tutto questo, ovviamente, in mancanza di interventi di adattamento. «L’aumento del rischio – osserva l’oceanografo Sandro Carniel, per anni al Cnr ora al Cmre/Nato di La Spezia – è frutto dell’innalzamento del livello del mare e dell’aumento della temperatura del mare che accrescei venti e l’evaporazione, portando a precipitazioni più intense. Adattarsi è possibile. Non è realistico costruire un muro lungo tutta la costa nell’Adriatico settentrionale ma si può pensare a una serie di interventi. Ripristinando zone di allargamento, costruendo argini, installando pompe, proteggendo altre zone con dune».

E lo scienziato avverte: «Tutto va però pianificato con una regia complessiva, perché è vero che il Mose, se completato, è in grado di ‘salvare’ Venezia ma se dovrà rimanere chiuso per 100 giorni all’anno ad andare in crisi sarà la Laguna».