Giovedì 18 Aprile 2024

Italia 2022: un Paese di rassegnati

Agnese

Pini

Lucrezia, anni 31, milanese. Di mestiere psicologa. Vive a casa dei genitori ma oggi nessuno si sognerebbe di chiamarla bambocciona, come con un po’ di miope paternalismo, o semplicemente scarsa capacità di lettura, si usava fare qualche anno fa. Con i suoi mille euro al mese, del resto, Lucrezia non ha alcuna alternativa a Milano, dove i prezzi di un monolocale sono alle stelle. La sua storia ve l’abbiamo raccontata sul giornale di ieri, e Lucrezia non è che un volto di donna nell’anonimato statistico dell’ultima fotografia Istat sul Paese: uomini e donne (che qualcuno chiama "ragazzi") che non lasciano la casa paterna e materna fino a 34 anni. Donne che non partoriscono prima dei 31 anni. Natalità a sprofondo rosso. Diciamoci una cosa: non viviamo (ancora) una recessione economica, ma certamente siamo già immersi in una recessione generazionale e sociale. A farcelo vedere con inquietante esattezza è soprattutto quanto sta accadendo sotto il profilo occupazionale. Dove il problema non riguarda più, ormai, solo il lavoro che manca. Riguarda soprattutto – e questo è insieme il dato inedito e preoccupante – il lavoro che non sa più essere attrattivo. Le pagine dei quotidiani sono piene di titoli che raccontano la realtà ma che ancora non riescono a spiegarla: non si trovano più figure professionali. E il fenomeno non si limita al solo lavoro stagionale, si estende a moltissimi settori a ogni livello retributivo. Il 2022 è del resto "l’anno delle grandi dimissioni": nel primo trimestre hanno abbandonato il posto già 307mila persone. E il 2022 è anche l’anno in cui l’Italia (fonte Gallup) si scopre il Paese con i lavoratori "più tristi d’Europa".

Che succede, dunque? Sul Quotidiano Nazionale proveremo a capirlo con un’inchiesta a puntate, dalla prossima settimana, che parte da un presupposto: se il lavoro non è più attrattivo allora anche il Paese rischia di scivolare verso l’incapacità di saper attirare energie, sedurre intelligenze, stimolare progettualità, coltivare fantasia e ingegno. La recessione in fondo è proprio questo. Prima di arrivare alla finanza e all’industria, nasce nella testa della gente: si chiama rassegnazione.