Viviana
Ponchia
Pensavo che la ricetta più bizzarra fosse quella del dottore campano che al paziente depresso prescriveva: antipasto di mare, linguine agli scampi, orata ai ferri e vino a volontà. Macché. Lo supera il collega medico di base che oggi scrive: "Contatto positivo, necessità attivazione Dad fino a fine quarantena". Ecco, siamo a questo. E me la immagino la faccia del farmacista di fronte alla mamma che prende il consiglio alla lettera: "Dad ne avete? Me la attiva lei?". Anche le giustificazioni scolastiche si sono adeguate ai tempi. In testa alle classifiche per me c’è sempre stata questa: "Non son potuto venire a scuola perché sono andato a raccogliere i funghi. Inoltre, la avverto che fra poco mi dovrò assentare per andare a castagne".
Niente, superata da quello che è appena stato scritto sul diario di un ragazzino: "Paura del Covid". Corteggiavamo la pazzia già prima, anche due anni fa non ci stavamo del tutto con la testa. È innegabile però che la pandemia con il suo codazzo di stravaganze abbia fatto saltare il coperchio e l’idea di normalità sia da ridefinire. Per esempio: vi sembra normale svegliarsi attanagliati dal dubbio della scadenza del Green pass? E aggiungere nel dormiveglia dodici, poi nove, poi sei mesi con il dubbio che abbiano detto quattro o che durante la notte abbiano cambiato idea? Vi sembra normale girare con il Qr code sul cellulare ma con la copia cartacea stazzonata nel portafoglio perché quella sera al cinema qualcosa non ha funzionato e da allora vi sentite degli impostori? È normale una fila di due ore al gelo per farsi infilare stecche nel naso e litigare perché ciascuno ha da dire la sua sulle oscillazioni della quarantena? Un po’ c’eravamo già, ma a colpi di astrusità e rinculi molto ci hanno fatto diventare. E avrei voglia di abbracciare la vecchietta spagnola che si era messa in coda per il vaccino per scoprire che era quella sbagliata, lì si vendevano i biglietti per la partita Valencia-Cartagena.