Milano, Nick Ut e la Napalm Girl: "Quella foto-simbolo del Vietnam"

Il fotografo e quello scatto che gli ha cambiato la vita: "Contribuì a fermare quella guerra, anche Nixon ne rimase impressionato"

Kim Phuc e la foto la 'Napalm girl' che la ritrae durante la guerra in Vietnam (Ansa)

Kim Phuc e la foto la 'Napalm girl' che la ritrae durante la guerra in Vietnam (Ansa)

Il suo racconto è dolce e mite, nessun rancore solo un desiderio di pace. Quella che Kim Phuc Phan Thi non ha potuto vivere durante la sua infanzia in Vietnam. Protagonista dell’immagine di guerra più potente del XX secolo, Napalm Girl, scattata l’8 maggio del 1972 dal fotografo vietnamita di Associated Press Nick Ut. I due si sono incontrati a Milano in occasione della presentazione della mostra a Palazzo Lombardia, intitolata Nick Ut. From Hell to Hollywood, che espone le immagini più famose scattate dal fotoreporter. Kim Phuc aveva solo nove anni quando, costretta a fuggire di casa nuda, ferita dalle bombe sganciate dall’esercito del Sud, incontrò un angelo con quattro macchine fotografiche, trenta rullini e un furgoncino. Nick abbandonò gli strumenti del mestiere per strada per portare la bimba ed altri piccoli all’ospedale di Saigon, dove le salvarono la vita.

L’esposizione, aperta fino al 31 maggio, celebra i 55 anni di carriera del fotoreporter, Premio Pulitzer per il celebre scatto. Più di 60 foto ripercorrono la vita artistica di Nick Ut, pseudonimo di Huynh Cong Ut, classe 1951. "So che quella foto ha cambiato il corso della guerra in Vietnam, e sono fiero di averla scattata. La mia presenza in quel momento ha significato poter soccorrere i bambini: se non avessi portato di corsa Kim in ospedale non sarebbe sopravvissuta. Oggi è per me come una figlia, ci sentiamo al telefono spesso, a volte anche tutti i giorni".

La foto 'Napalm Girl' l’ha portata negli Stati Uniti. Cosa crede di aver ricevuto?

"Tantissimo. Nel 1975 mi sono trasferito, sono stato subito accolto con simpatia, l’immagine era già famosissima, il mio volto pure. Le persone mi fermano ancora oggi per strada, tanti mi dicono o scrivono . “Grazie Nick, sono tornato a casa, oggi ho una vita proprio per la tua foto”. La mia foto ha contribuito a far sì che il presidente Nixon fermasse la guerra, molti giovani d’allora non sono partiti e hanno potuto costruirsi un futuro. In America nessuno mi ha mai creato problemi, sono un rifugiato che ogni cittadino americano accoglie con simpatia".

Anche a Hollywood?

"Sì. Molte star erano attente, contrarie alla guerra in Vietnam e mi hanno voluto conoscere; fra i primi Marlon Brando, siamo diventati immediatamente amici".

Sempre più reporter sono presenti nei conflitti internazionali. Da quella foto com’è cambiato il racconto della guerra?

"Non è mai cambiato, basta vedere le immagini scattate in Ucraina, stesso dolore, devastazione, i civili vivono ogni giorno fra bombardamenti e terrore. Quando vedo le foto dei bambini uccisi laggiù ricordo la guerra in Vietnam prima, poi in Cambogia e sono sconvolto dal numero enorme di vittime innocenti a cui assistiamo oggi. In Vietnam da entrambe le parti si è cercato di non colpire così tanti civili, ricordo che nella mia borsa fotografica portavo anche medicinali per i feriti".

Quando ha deciso di diventare fotografo?

"Siamo 11 fratelli, mio fratello Sette, ovvero il settimo nato, in Vietnam si usa così, era un grande fotografo, è stato ucciso a 27 anni. Lui mi ha insegnato il mestiere, quando è morto ho giurato che avrei continuato la sua missione, documentare nonostante i miei avessero paura. La foto “Napalm Girl” è la numero 7 del rullino. Un segno?".