"Io, gli occhi più belli del grande schermo Tarantino mi ama: voglio recitare con lui"

L’attrice, 94 film alle spalle, si racconta: ho lavorato a fianco dei più grandi, sono stata modella per il pittore Salvatore Fiume "Sul set mi sono sempre difesa con le unghie dalle avance. La svolta con Bertolucci, ma non rinnego i B-movie di successo"

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di Massimo Cutò

"Ho fatto tanti B-movie, come li chiamano: spaghetti western, commedie sexy, poliziotteschi. Film amati dai cinefili. Allora mi chiedo: Tarantino li conosce a memoria, perché non mi chiama?". Gabriella Giorgelli, nata a Carrara, attrice. Le generalità non dicono tutto. Ha girato 94 film, diretta dai grandi maestri. È nelle magnifiche 100 della cinematografia mondiale. I suoi occhi sono considerati tra i più belli del grande schermo.

Occhi che ne hanno viste?

"Di tutto e di più. Ho lavorato con Bertolucci, Monicelli, i fratelli Taviani, Lizzani, Zampa, Gregoretti, Comencini, Salce...".

Sta sfogliando l’annuario?

"Aspetti, ho appena cominciato. Damiani, Vancini, Steno, Nanni Loy, Montaldo, Citto Maselli. Aggiungo Fellini e mi fermo sennò stiamo qui un’ora".

Com’è iniziata?

"Con una comparsata in Tutti a casa. Davano il ciak nella via dove abitavo a Livorno, ero una bella ragazza e speravo in una particina. Scendo le scale e sento una voce dalla troupe: signorina, dove va? Mi vestirono da popolana a scaricare sacchi".

Emozionante?

"Un sogno: Sordi, Serge Reggiani, Eduardo. Sordi l’ho rivisto a una cena di compleanno tanti anni dopo. Mi avvicinai timorosa. E lui: ’eccome se te riconosco, con quegli occhi, tu sei er sacco de farina’".

Si finisce sempre a parlare dei suoi occhi?

"Color verdemare. Più belli li aveva solo Liz Taylor, velluto viola. Poi io e Maria Laforet occhi d’oro".

Ipnotizzarono a Miss Italia?

"Entrai in finale barando sull’età, avevo 17 anni. Mirigliani intimò: devi ritirarti altrimenti finisco in galera. Lasciai il concorso con una scusa ma finii in copertina. Damiani mi volle per L’isola di Arturo: fu il mio debutto nel ‘62".

Una fortuna?

"Fortuna doppia. Uno dei giurati era il pittore Salvatore Fiume: diventai la sua modella, una provinciale a Brera. Sono ritratta in centinaia di dipinti".

Però il cinema chiamava.

"Pasolini cercava una ragazza che facesse la prostituta in Mamma Roma accanto alla Magnani. Salii sul treno e mi presentai ai provini. Disse: Madonna quanto sei bella, ma non vai bene per quel ruolo. E poi: il mio aiuto cerca una come te, lascia il numero di telefono".

Chi era l’aiuto?

"Bernardo Bertolucci. Preparava La commare secca, il primo film. Però c’era un problema enorme".

Quale?

"In tasca non avevo una lira, solo il biglietto di ritorno per Livorno. Lessi un annuncio sul giornale: cercasi cameriera per signora altolocata. Era una baronessa che mi assunse all’istante. Vitto, alloggio, stipendio. E un numero di telefono romano a cui rispondere: dieci giorni dopo firmai il contratto per il film".

Nel ‘63 incontrò Monicelli.

"Un toscanaccio burbero. Giravamo I compagni a Zagabria, si gelava, mi coprivo con una coperta. Lui si è intenerito. Mi ha chiesto: sei felice? Risposi: sì, dottore".

Nel cast, due bellissimi.

"Mastroianni era perfetto. Ma anche Renato Salvatori aveva fascino. In una scena doveva tirami giù dal treno: ero di spalle, mi tastò il sedere. Gli ho mollato un ceffone davanti a tutti. Per fortuna in quel momento non c’era la Girardot, sua moglie da due mesi".

Ci hanno provato in molti?

"I produttori specialmente, è sempre così. Mi sono difesa con le unghie scappando quando la situazione si faceva pesante".

Un incontro pericoloso?

"Sul set de La belva. Klaus Kinsky, il protagonista, mi butta per terra come da copione. Ma mi schiaccia il viso sempre più forte. Non respiravo. Il regista ha gridato: fermati, l’ammazzi. Era un uomo difficilissimo con lo sguardo diabolico".

Amici nel cinema?

"Lando Buzzanca, continuiamo a vederci. E Giuliano Gemma. Mi ha imposta a Florestano Vancini per I lunghi giorni della vendetta, un western amato da Tarantino girato in Spagna. È stato uno dei pochi a non avermi corteggiata".

Qualche definizione flash: Gassman?

"Egocentrico, istrione, riservato".

Tognazzi?

"Un signore. Ottimo cuoco".

Franchi e Ingrassia?

"Gentili. Franchi era goloso, si faceva spedire i cannoli in aereo dalla Sicilia: troppo dolci ma li mangiavo lo stesso per fargli piacere".

Fellini?

"Mi ha voluta per La città delle donne: Gabriellina, occhioni miei, vieni qui. Gli davo del tu, era bugiardo e seduttore. Un genio che amava gli attori".

Amiche?

"Mi sono divertita un sacco con Julie Christie, nel ‘69 a Ginevra. Lei era un mito dopo Il dottor Zivago e l’Oscar per Darling: aveva accettato un film così e così perché lì vicino girava Warren Beatty, stavano insieme. Andavamo a cena, poi discoteca fino alle 4 del mattino e sala trucco senza aver dormito. Due matte".

Qualcuno con cui ha litigato?

"Dario Argento per La maschera di cera, genere horror. Diceva che ero una raccomandata. Sbagliai una scena, l’unica volta in vita mia. Se ne andò urlando: lo sapevo, non sa fare niente".

Invece ci sapeva fare.

"Volevo essere un’attrice a tutti i costi. Nel ‘63 per convincere Zampa a prendermi in Frenesia dell’estate mi buttai sotto la sua macchina. Così ho avuto la parte di Foschina".

Il cinema di serie B?

"Mai considerato tale, neppure le commedie erotiche. Ho fatto i vari decameroni e Quel gran pezzo dell’Ubalda con la Fenech. Un periodo importante".

Moltissimi la ricordano per Delitto sull’autostrada.

"Ero la fidanzata di Bombolo, una strana coppia: Tomas Milian l’ha preso per il culo durante tutta la lavorazione. Il mio personaggio era una battona che Corbucci chiamò Cinzia Bocconotti. A me quel nome non piaceva per ovvi motivi. Ha insistito: alla fine mi ringrazierai. Ha avuto ragione".

È diventato un film culto?

"Ancora oggi passa in tv di notte. Quando vado al mercato mi dicono: a Cinzia, che te serve? Una mignotta usa la mia foto sul suo profilo, esercita con il nome Cinzia Bocconotti".

I film di oggi?

"Ci sono tanti registi con cui vorrei lavorare. Garrone, Sorrentino, Ozpetek, Amelio, Zalone. E poi Genovese, anche Muccino mi piace molto. Il cinema mi manca".

Rimpiange di non essere diventata una protagonista?

"Lo sono stata. Però ha ragione, di solito il mio nome è quarto o quinto in locandina. Mastroianni mi chiese: perché non riesci a sfondare? La verità è che ho fatto tutto da sola. E da sola, nel cinema non sarai mai una stella".