Carla Gravina: "Con Volonté? Tradimenti e censura. Recitare stanca, ho preferito vivere"

La Gravina compie 80 anni: "Lasciai le scene nel 1994, ero esaurita. Ora penso a mia figlia e ai viaggi. L’amore con Gian Maria è stato bellissimo ma anche difficile: lui era sposato, il cinema mi emarginò. E mi ritrovai al Monte di Pietà"

Carla Gravina e Gian Maria Volontè

Carla Gravina e Gian Maria Volontè

Il 5 agosto Carla Gravina compirà 80 anni. Ma per noi sarà sempre il volto giovane, irridente, spontaneo di film come Guendalina di Alberto Lattuada, o la ragazza che seduceva Vittorio Gassman nei Soliti ignoti di Monicelli, o che correva a New York, lungo il ponte di Brooklyn, nei Caroselli anni ’70 della "gomma del ponte". Adesso Giovanna Gravina Volonté, la figlia che Carla ha avuto da Gian Maria Volonté, è la direttrice del festival cinematografico che si tiene all’isola La Maddalena, in Sardegna "La valigia dell’attore"; il festival si aprirà mercoledì 28 luglio, con un omaggio a Carla Gravina e la proiezione del film La terrazza di Ettore Scola, che la vede fra i protagonisti. Carla, però, non verrà. Dal 1994 ha scelto di uscire di scena.

Perché questo autoesilio, Carla?

"Fu una scelta di libertà. Dopo una tournée teatrale di nove mesi, ero esaurita. Dopo una vita sul palco e sui set, non ne potevo più. Il lavoro dell’attore è massacrante, non ti devi ammalare, e se ti ammali devi andare in scena lo stesso. Io non volevo più giocare quel gioco. E preferivo vivere".

Come iniziò quel gioco?

"Ero in terza media, uscivamo dalla scuola. Per puro caso rimasi cinque minuti di più a parlare con un’amica. Una macchina si fermò davanti a noi, un signore ci guardava".

E voi?

"Noi ridevamo, dicevamo “aaah, ecco un pappagallo“. Il signore viene verso di me: io, che diventavo rossa anche dal fornaio, ero cremisi. Mi disse: “sono Alberto Lattuada, un regista“. Io non sapevo neanche che cosa fosse un regista. Lui: “vorrei farle un provino“. Io: chiami mio padre".

Come reagì suo padre, ufficiale dell’esercito?

"Quando rispose al telefono fu sorpreso. Ma conosceva Lattuada di fama, e mi permise di andare a quel provino. Nel provino, io che sono così timida, mi scoprii disinvolta. La macchina da presa mi liberava. E così cominciò la mia strana carriera".

Il lavoro è stato importante per lei, ma la vita di più.

"Esatto. Ho fatto anche delle scelte che all’epoca non erano per niente scontate. Scegliere di avere una figlia con un uomo sposato, come era Gian Maria Volonté, non è stato facile. Ho avuto lettere di donne che mi insultavano, ho perso occasioni di lavoro. Come si fa a dare ruoli da ragazzetta acqua e sapone a una donna che aveva un figlio al di fuori del matrimonio? Eppure avere Giovanna è stata la cosa più bella della mia vita".

Fu dura essere messa ai margini del mondo del cinema?

"Molto. Mi sono trovata a portare le poche cose che avevo al Monte dei Pegni".

Ma Volonté non la aiutava?

"Era poverissimo anche lui. Eravamo all’inizio degli anni ’60, non lo conosceva nessuno".

E voi come vi conosceste?

"Facevamo Giulietta e Romeo a Verona. Non ci parlavamo nemmeno, perché io ero timidissima e lui più timido di me. Poi venne un fotografo che ci mise in posa, ci disse “tenetevi per mano, guardatevi negli occhi“. Ci guardammo negli occhi e paff!, siamo caduti come due pere cotte".

Come vivevate?

"Lo portavo a mangiare nei posti più economici. Lui era sposato con una donna meravigliosa, che ancora mi manda lettere molto carine".

Poi diventaste la coppia "impegnata" del cinema degli anni ’70…

"Avevamo un’etica: Gian Maria diceva che fare la pubblicità è come vendersi. Però poi una pubblicità l’ho fatta: quella della Gomma del Ponte. E ho fatto bene: fu lì che mi notò Pietro Germi, e mi scelse per interpretare Alfredo Alfredo al fianco di Dustin Hoffman. Mi disse: “pensavo che tu fossi soltanto impegnata, noiosa, severa: invece sei gioiosa, e l’ho capito nella pubblicità delle gomme da masticare!“ Quindi siano benedette anche le gomme".

Volonté che cosa rappresenta per lei oggi?

"L’uomo che ho amato, che amo ancora. Anche se mi tradì. Mi dico sempre: mannaggia, se fossi andata sul set del suo ultimo film, quello in cui si sentì male, in Grecia! Aveva chiamato Giovanna, si capiva che sentiva il bisogno di avere qualcuno vicino. Non andai, e me ne pento ancora".

Com’era la convivenza con lui?

"Era stare con un genio. A volte si alzava nel mezzo della notte, andava in bagno e provava un nuovo trucco, un nuovo costume per il personaggio. Non finiva mai di prepararsi, di lavorare".

L’impegno politico la ha portata anche in Parlamento, nel 1979, come deputata per il Pci, al posto di Luigi Longo, il defunto segretario del Pci …

"Ahahah! Quella fu una cosa stranissima! Io non volevo entrare in Parlamento, mi dissero “Carla, non ti preoccupare, non ti voterà nessuno“. E invece mi ritrovai a prendere il posto proprio del segretario! Presi la cosa con una serietà terribile, da soldatino".

Come visse la politica in Parlamento?

"Sono stata diligente fino allo spasimo. A volte per votare partivo da Siracusa col treno, andavo a Roma in Parlamento e tornavo la sera a teatro a Siracusa".

Ha amici nel mondo dello spettacolo?

"Lorella De Luca, mia amica d’infanzia, una delle protagoniste di Poveri ma belli, rimasta amica fino alla fine. Mario Monicelli. E Giuliano Montaldo, una persona speciale, che ho incontrato quando ero giovanissima e che mi ha trattato con grande affetto e grande delicatezza. Ha fatto cantare la mia anima".

Il suo sogno, ora?

"Ora la mia vita è viaggiare. Il primo viaggio fu il Marocco, da sola. Una donna sola a Tangeri. La mattina andavo da sola nei suk: dopo un paio d’ore ho capito che non era il caso, perché tutti mi correvano dietro. L’ultimo posto dove sono andata? La Patagonia. Il prossimo? Sogno di vedere Capo Nord. Andare su una nave postale fra i fiordi, e non con una di quelle navi da crociera dove ti rompono le scatole con tutte le attività organizzate. Voglio andare in mezzo al ghiaccio e vedere il sole di mezzanotte, e magari dormire in un igloo".