Pino Donaggio: "Io che non vivo senza colpi di scena. E la mia canzone vinse su McCartney"

Gli 80 anni del cantautore tra incontri e coincidenze: "La svolta arrivò a Sanremo grazie a Mina" "Don’t look down fu premiata come migliore colonna sonora dell’anno, secondo arrivò l’ex Beatles"

Migration

MILANO - Pino Donaggio, lei viene da una famiglia di musicisti. Suo padre suonava con Sergio Endrigo.

"Endrigo faceva il lift al Danieli, cioè manovrava l’ascensore o apriva le porte. Nel tempo libero cantava, anche con il gruppo di mio padre. Lo ritrovai a Milano alla Porta d’oro, storico locale. Fu molto sorpreso di trovarmi lì. Mi trasferii da Venezia a Milano a 16 anni e mezzo, perché il mio professore era passato a quel Conservatorio. I miei genitori mi aiutarono con molti sacrifici".

La svolta della vita nella musica leggera avvenne grazie a Mina.

"Tony De Vita, che era sotto contratto con la Curci come me, disse a Mina di ascoltare le mie canzoni. Le feci sentire Ho paura, le piacque e la incise. Quando scrissi Come sinfonia lei rimase entusiasta, ma aveva già due canzoni pronte per Sanremo. Però convinse Ezio Redaelli a farla interpretare a me, allora ero un perfetto sconosciuto. Chissà, se Mina avesse portato il mio brano, forse non sarei mai diventato cantante."

La sua vita è costellata di coincidenze prodigiose. Una di queste la fece entrare nel mondo del cinema.

"Avevo fatto una serata non troppo lontano da Venezia. Ero tornato a casa in macchina dopo aver guidato alcune ore. Prendo il vaporetto e resto nella parte scoperta, a prendere l’aria fresca dell’alba. Sulla riva chi vedo? Ugo Mariotti! Mi sono sempre chiesto cosa ci facesse lì alle sei di mattino. Gli do il mio numero, ci vediamo il giorno dopo. Era il coproduttore del film A Venezia un dicembre rosso shocking con Donald Sutherland e Julie Christie, che si stava girando nella mia città. Era un film dalle atmosfere paranormali. Si era messo in testa che qualcuno dall’aldilà mi avesse fatto comparire a quell’ora di notte, sul vaporetto, davanti a lui. E, siccome cercava un musicista per la colonna sonora del film, era convinto che il messaggio esoterico fosse che la musica dovevo farla io".

Con quella colonna sonora riuscì a battere anche Paul McCartney.

"Era una classifica stilata ogni anno dalla rivista inglese Films and Filming. La mia Don’t look down fu premiata come migliore colonna sonora dell’anno, al secondo posto c’era Paul McCartney per 007 Operazione tuono".

Da lì in poi non si è più fermato. Il suo sodalizio con Brian De Palma è durato per sette film. Come vi incontraste?

"Un amico di Brian all’aeroporto di Londra vide il vinile proprio della colonna sonora di Don’t look now e lo comprò. Vede le coincidenze? Era probabilmente una delle ultime copie in circolazione, poiché la casa discografica era fallita. Lo ascoltò a New York e rimase folgorato. Nel frattempo Brian De Palma stava cercando un compositore per il film Vestito per uccidere, poiché Bernard Hermann, che aveva lavorato anche con Hitchcock (la celeberrima colonna di Psycho è sua, ndr), era morto. Brian vide il film Dicembre rosso shocking molte volte, spesso a occhi chiusi perché non gli piaceva. Ma fu entusiasta della mia musica. Lì iniziò la nostra collaborazione".

Nel suo libro appena uscito, Come sinfonia, edito da Baldini+Castoldi, racconta che se non le viene l’ispirazione lei ricorre alla pittura.

"Vado al Guggenheim, che è vicino a casa mia. Oppure in altri musei, o alle mostre. La pittura mi ha sempre interessato, avevo anche fatto un corso all’Accademia. Ho scritto molte musiche per film di suspense o horror, in questo la pittura moderna mi ha aiutato. Amo molto Pollock".

Veniamo alla sua canzone più celebre, famosa in tutto il mondo: Io che non vivo. Come nacque?

"Ero in casa, mi avevano appena portato il nuovo pianoforte a coda, così mi sono seduto e ho appoggiato le mani sulla tastiera. Il tema è venuto lì, immediatamente. L’ho completato ma non l’ho scritto. Mi sono detto: se domani lo ricordo vuol dire che è buono. E ho rischiato tantissimo: se il giorno seguente non me lo fossi ricordato la mia vita sarebbe stata del tutto diversa".

Per Come sinfonia fu la stessa cosa?

"Allora frequentavo una ragazza, Francesca. Una sera eravamo al Lido di Venezia, dove lei abitava, e stavamo sulla spiaggia. All’improvviso mi viene questo tema. Le idee mi arrivano così, anche mentre sono in vaporetto, allora prendo il telefono e lo incido, a bassa voce perché non posso certo mettermi a cantare lì in mezzo alla gente. Oppure in aereo: se mi viene un’idea chiedo carta e penna alla hostess, disegno il pentagramma e scrivo la musica. Come diceva Giovanni D’Anzi, quello di O mia bela Madunina, “è come se uno mi toccasse la spalla e io scrivo“".

Lei ha partecipato a 10 Sanremo senza vincere mai. È un rimpianto o non le importa molto?

"A Sanremo ci vai per vincere. Con Motivo d’amore pensavo di farcela, con Io che non vivo ancora di più. Lo credevo anche con Una casa in cima al mondo, visto che l’anno prima Io che non vivo non aveva trionfato. Era già capitato con Bobby Solo, dopo Una lacrima sul viso aveva vinto con Se piangi se ridi, Tony Renis aveva fatto Quando quando quando e l’anno dopo l’hanno premiato per una canzone che non ricorda più nessuno (Uno per tutte, ndr)".

Con 'Come sinfonia' guadagnò parecchio.

"In sei mesi dieci milioni, con quella cifra allora compravi due case. Ma allora c’erano tremila orchestrine che suonavano nei locali, guadagnavi con i diritti. Oggi le discoteche mettono solo musica straniera".

Ha qualche progetto in corso?

"Ho appena finito di comporre la musica per Spin me round quarto film di Jeff Baena. Poi scriverò per la prossima pellicola di Daniele Ciprì, e lavorerò anche con Paolo Franchi. Mercoledì compio 80 anni, ma finché la mano mi tocca la spalla vado avanti...".