Coronavirus, l’infermiera della foto simbolo: "Ho battuto il virus, torno in trincea"

Il tampone ora è negativo. Ieri sera era già al suo posto di lavoro. "E domani andrò a trovare mia madre"

Elena, 43 anni, l'infermiera della foto-simbolo dell'emergenza Coronavirus

Elena, 43 anni, l'infermiera della foto-simbolo dell'emergenza Coronavirus

Cremona, 4 aprile 2020 - "Alle undici di questa mattina ( ieri, ndr ) mi hanno comunicato che anche il responso del secondo tampone era negativo. Ero ufficialmente guarita. Ho provato una felicità tale che sarei uscita e mi sarei messa a correre". Elena ha vinto la sua battaglia personale contro il virus che l’aveva contagiata. Ieri sera è tornata a combattere, al suo posto di infermiera al pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Cremona. Con quella foto era diventata, involontariamente, il simbolo dell’emergenza Coronavirus in Italia: sfinita, la testa china sulla tastiera di un computer, con ancora indosso camice, guanti, mascherina. Era l’8 marzo. Due giorni dopo il tampone rivelava a Elena Pagliarini, 43 anni, l’incontro con il Covid-19. Iniziava la quarantena in casa. Ieri il responso, ancora negativo, del secondo tampone. Alle nove di sera, festeggiatissima da tutti, era al pronto soccorso per il notturno. Fino alle sette di questa mattina. "Mi sentivo guarita e lo ero. Dovevo aspettare il risultato finale degli esami perché può accadere che il primo tampone sia negativo e il secondo lo smentisca. Mi rimaneva questa incertezza".

Si può misurare la felicità? "La mia no di sicuro. Mi mancava tantissimo il lavoro al pronto soccorso. Avevo bisogno di rientrare, di rivedere i colleghi, la mia seconda famiglia. Non sono io una persona speciale, sono loro, lo è la nostra squadra. Motivati e generosi. In tutte le emergenze. La grande emergenza legata al Coronavirus l’ha fatto venir fuori ancora di più. Noi infermieri siamo dei guerrieri. Peccato che tanti se ne rendano contro solo con avvenimenti come questo".

Parliamo di quella fotografia. "Non me l’aspettavo. Francesca Mangiatordi, oltre a essere medico del pronto soccorso, è la mia amica Francesca. Le piace fotografare. Già altre volte aveva messo immagini su Facebook. Insomma, in poche ore quella foto è diventata virale. È stato come se mi avesse colpito un uragano. Mi ha anche un po’ destabilizzato".

E così è diventata famosa. "Sì, il soggetto ero io, con il mio impegno, la mia stanchezza. Ma era la dimostrazione di quel che stavamo vivendo i miei colleghi e io. Erano le sei del mattino dell’8 marzo, giorno della Festa della Donna. Ero entrata in turno in serata. Una notte molto pesante. Di corsa da un letto all’altro di tutti quei pazienti gravi. Nei loro occhi vedevo l’angoscia e una richiesta di aiuto. Non è stato un cedimento fisico, sono una che può lavorare anche per ventiquattr’ore di seguito. Ho pianto e non riuscivo a tenere a freno le lacrime. Mi sono sfogata con i colleghi. Mi sono abbandonata per dieci minuti con la testa sul computer. Ecco la foto. Era l’immagine dell’attività, della fatica di tutti".

Che cosa le ha lasciato quella notte? "Quegli sguardi. L’angoscia che mi trasmettevano e che è rimasta in me".

Verso la fine dell’emergenza? "Siamo ancora in piena emergenza. Ci vorrà tempo. Ho perso degli amici e il papà di uno di loro. Quando sarà finita, ci conteremo e dovremo constatare che altri se ne sono andati e non ce ne siamo accorti".

E da domani? "Appena finito il turno correrò da mia madre. Non vado da lei dal 22 febbraio. Ci vedevamo in Skype, non era la stessa cosa. Ho pensato tanto a mio padre, mancato quando avevo diciotto anni. Quel che ho potuto fare l’ho fatto. Riprendo la mia vita di tutti i giorni".