Giovedì 25 Aprile 2024

India e marò, stop all’odissea Dura da 9 anni

Gabriele

Canè

Dopo aver spezzato le reni all’India, stiamo riuscendo a spezzarle ai nostri marò. Quando sentite dire "ho fiducia nella giustizia italiana", o anche "ho fiducia nello Stato italiano", statene certi: o è una bugia, o è gente atterrata ieri da Marte. Oggi, invece, fanno 9 (!) anni che dei vigili urbani indiani arrestarono due nostri fucilieri di marina, Massimiliano Latorre

e Salvatore Girone, imbarcati

a protezione della petroliera italiana Enrica Lexie.

I pizzardoni di New Delhi salirono (furono fatti salire) sulla nostra nave, territorio italiano, e si portarono via i due marò, perché dalla nostra petroliera sarebbero partiti colpi d’arma da fuoco contro un peschereccio, provocando la morte di due marittimi. Poi, la storia la sappiamo. Anni passati in India, qualche permesso in Italia, e finalmente a luglio scorso l’Alta corte dell’Aia decide che a giudicare i nostri soldati deve essere l’Italia. Guarda caso. Inutile dire che già qui la vicenda aveva assunto i connotati dell’indecenza, visto che abbiamo subito come fossimo Andorra contro gli Stati Uniti, balbettando proteste diplomatiche, piagnucolando in giro per corti internazionali. E non è neppure bastato ottenere la giurisdizione, per arrivare al lieto fine. Infatti, come ha scritto ieri a Di Maio la signora Latorre, da quando il caso è passato all’Italia, loro non hanno più saputo niente, zero, ma i marò continuano ad avere restrizioni imposte dalla precedenti sentenze. Insomma, abbiamo le chiavi delle loro "manette", ma non sappiamo dove sono finite. Niente di nuovo: per liberare due pescherecci da Tripoli ci abbiamo messo sei mesi, la Turchia due giorni. Concludendo. Che l’Italia non sia la nazione "che tremare il mondo fa", è purtroppo storia nota e maturata negli anni. Che l’odissea dei marò debba finire, essendo oramai cosa nostra, è altrettanto certo. Affidiamo anche questo all’Italia formato Draghi. "Costi quel che costi".