Strage sulle strade, lo strazio di una mamma: mio figlio morto, l'impegno per la sicurezza

Carmen Fichera ha perso Gabriele. "Io e mio marito volevamo morire. Ci siamo fatti aiutare, oggi voglio parlare ai ragazzi"

La stanza del figlio "è il vuoto, l’assenza, il dolore. No, oggi non è più come l’ha lasciata Gabriele. L’ho fatto per suo fratello Simone". Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini del funerale di Francesco Valdiserri, il 18enne investito e ucciso da una giovane ubriaca e drogata al volante, e la commozione della premier Giorgia Meloni. Dà i brividi ascoltare Carmen Fichera Caccavaio, 72 anni, una mamma che sulla strada ha perso il suo primogenito, aveva 29 anni. Erano le 17.50 del 5 agosto 2010, l’incidente è avvenuto su una provinciale di Campobasso. Dal dolore all’impegno, con il desiderio di lavorare per l’Associazione italiana familiari e vittime della strada (AIFVS).

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 Emergenza incidenti: "Più controlli e prevenzione. Bisogna parlarne a scuola" Come l’ha saputo? "Io e mio marito Angelo siamo stati avvisati per ultimi. Gabriele guidava l’ambulanza, lavorava nella Croce Rossa ed era molto conosciuto. C’erano già in rete le foto della Peugeot 307 distrutta e noi non sapevano ancora niente".  Le parole che cambiano la vita. "Mi rimarrà nella memoria per sempre l’immagine dei due carabinieri, a casa. Io continuavo a chiedere, dov’è Gabriele, come sta? Poi uno di loro mi ha preso la mano, si è messo in ginocchio davanti a me e mi ha detto: ‘signora, suo figlio è morto’. Buio totale. Ma quando succedono gli incidenti le forze dell’ordine devono arrivare dalle famiglie portandosi dietro lo psicologo. Quella sera noi volevamo buttarci dalla finestra".

Leggi anche: Incidenti stradali, morti in aumento del 20%. Cellulari alla guida la prima causa Gabriele viveva con voi? "Sì, dormiva in camera con suo fratello. Stava per laurearsi in scienze infermieristiche. Ho lasciato appesi alle pareti tutti i suoi attestati, ho conservato gli oggetti, i coltellini e i souvenir dei suoi viaggi. Ma il letto no". Perché? "Perché una sera mio figlio più piccolo, Simone, che ha 16 mesi meno di Gabriele, ha avuto un crollo, un attacco di pianto che io e mio marito non riuscivamo a fermare. Si disperava: non ci posso più stare, in quella stanza! Ci siamo spaventati, gli abbiamo detto: vattene, parti e rimetti un po’ a posto la tua vita. Poi abbiamo comprato una rete matrimoniale e abbiamo tolto il letto di Gabriele, con il cuore spezzato". Come avete trovato la forza di reagire? "Una mattina, pochi giorni dopo l’incidente, sono andata all’ospedale della mia città, nel reparto di psichiatria. Ho chiesto: aiutatemi, voi mi dovete aiutare (la voce s’incrina). Sono stata 8 anni dallo psicologo".

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Suo marito? "Anche lui si è fatto aiutare. Era perso, non parlava più. Mi torna sempre in mente la stessa scena. Era uno dei primi giorni dopo l’incidente. Angelo si alza dal letto, mi viene vicino. Io gli dico: ci dobbiamo suicidare... Lui mi risponde: non possiamo, c’è Simone. E in quel momento mi sono come risvegliata. Perché non mi vergogno a dirlo, mi ero dimenticata di tutto. Provavo dolore e basta". La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato di sicurezza stradale, ha insistito sulla prevenzione.  "Quella è la strada da percorrere. Sono in contatto con l’AIFVS, vorrei collaborare, diventare una referente sul mio territorio. Perché le persone pensano ai morti sulle strade come numeri. I ragazzi muoiono, si posano i fiori e si dimentica. No! Non deve essere considerato normale morire sulle strade". Qual è il ricordo più bello di Gabriele? "Il suo amore per il lavoro, l’impegno per gli altri. Per il terremoto dell’Aquila era stato tra i primi a partire. La sera dell’incidente un amico è arrivato a casa e mi svelato l’impegno preso con lui. “Dì a mamma che se mi succede qualcosa,  deve mettermi la divisa della Croce Rossa”. Mi sono chiesta, ma perché doveva succedere qualcosa, a 29 anni? Quel ragazzo mi ha risposto: perché noi, sulle ambulanze, ne vediamo troppe. Su quella strada poteva capitare a chiunque. Per questo voglio impegnarmi sulla sicurezza. Per me è finita, Gabriele è morto e non tornerà più a casa. Ma quanti altri figli non devono tornare più a casa? Quanti?".

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