Paolo Rossi, il capitano Zoff: "In Spagna tutto girava storto, poi spuntò lui"

Il portiere e l’estate mundial: ci riempirono di critiche e andammo in silenzio stampa, solo io potevo parlare coi giornalisti. "Era il fiore che buca la neve. Paolo sbocciò nel momento più nero. Veloce nel pensiero, in allenamento mi faceva gol e neppure me ne rendevo conto"

Paolo Rossi alza la coppa del mondo nel 1982

Paolo Rossi alza la coppa del mondo nel 1982

Partiamo da un presupposto: siccome Dino ha più o meno 2.000 anni, lui c’è sempre stato. E infatti c’era anche là, con quel Paolo Rossi, prima in azzurro poi alla Juve. Zoff attraversa il calcio in diagonale, toccando tutti i punti. Era in porta nel Napoli di Sivori e Altafini ed era quello che ha tirato su una coppa che è La Coppa. Lui e Paolino. Due di quelli. Lui a bloccare la palla del destino sulla linea, l’altro a fare tre gol, più due, più uno. Trovare Dino nel giorno in cui se ne va Paolo è un’impresa. Telefono perennemente occupato. Il mondo che lo chiama. Per fortuna c’è Anna, la moglie, gran regista di vita, che ci aiuta. Si passa dal suo cellulare. Eccolo. "Aspetta che spengo il mio, così possiamo parlare, sennò è un continuo".

Dino, come ci si sente a essere chiamati da tutti per parlare di un dolore?

"Mah… ormai si gira in un terreno minato, devi stare attento, ne esplode una ogni due passi. Sapevo che Paolo non stava bene. Ma vedi, in questi casi, un cosa brutta ti potrebbe offrire il piccolo conforto di ricordarti di cose belle, di grandi momenti. Purtroppo il momento tremendo che stiamo vivendo, soffoca anche quel piccolo conforto lì. Siamo qui a ricordare momenti belli in un momento tragico".

Dino il filosofo, il "mai banale", l’uomo che ti dà sempre una visione delle cose da un angolo che non ti aspetti. Ecco la perla alla domanda: chi era Paolo Rossi, Dino?

"Hai presente i bucaneve? Quei fiori che sbocciano nella neve? Ecco, è lui. Solo che in quel caso la neve non era bianca".

Dino, qui ci vuole un aiutino per decifrare la metafora.

"La neve non era bianca, anzi era nera, perché in quel momento là, in Spagna, andava tutto storto, le critiche, le polemiche, il silenzio stampa, nessuno parlava, parlavo solo io, e a monosillabi… beh, a un certo punto spunta un fiore, all’improvviso e buca la neve sporca. È Paolino, che spara tre gol al Brasile e cambia il mondo. Dal buio una luce".

Un momento Dino… ma se tu non blocchi quella palla là, sulla linea, a una manciata dalla fine il mondo si ribalta dall’altra parte…

"Sì, ma si ribalta dall’altra parte anche se lui non fa tre gol però…".

Ah, beh certo. Ma tu prima te l’aspettavi che Paolo Rossi sarebbe diventato quel Paolo Rossi lì?

"Beh sì. Lui era già lui, in Argentina. Aveva avuto un momento di crisi, era giù fisicamente. Ma non dimenticarti che quella squadra del miracolo era più o meno quella del ’78. E che se io giocavo un po’ meglio, sarebbe andata in finale…".

Sei sempre stato molto autocritico sui 2 gol con l’Olanda.

"Sì, perché quelli sono due gol che un portiere non deve prendere, tutto lì".

Per gli italiani Pablito è stato il sogno, il lampo a ciel sereno…

"Mica tanto sereno. Eh sì perché in quel momento le cose non andavano mica bene, anche in generale. Io non voglio paragonare noi ai fatti del terrorismo e alle tensioni sociali eccetera sia ben chiaro, ma la sua impresa dei 3 gol al Brasile hanno fatto tornare il sorriso, una specie di sogno… ma reale".

Una volta dicevi che Paolo ti faceva diventar matto alla Juve, in allenamento…

"Guarda, era incredibile. Nelle partitelle ti faceva gol e non capivi come. La palla pin pum, pam gli picchiava addosso, su un ginocchio, in un garretto e andava dentro. Tutte le volte. Ti dico la differenza con Platini. Platini ti faceva gol perché ti faceva gol. Come dire: adesso te la tiro là e ti faccio gol. Ma Paolo era una roba misteriosa. Il calcio aveva scelto lui per creare uno che ti facesse gol a quel modo".

La velocità di pensiero.

"Certo. Era più veloce a pensarlo il gol. Un po’ come era stato Pascutti, per dire. Quando giocavo contro il Bologna col Napoli, mi ricordo che Panzanato, sui corner, cominciava chiedere disperato: dov’è Pascutti, dov’è Pascutti? Allora io lo calmavo gli dicevo: "Stai calmo, adesso te lo trovo io…".

Prima Maradona, poi lui… un anno tremendo…

"Sì, e squilla il telefono. Chiedono a me. Diego era un genio, ma io facevo il portiere ed ero chiamato a parare la sua genialità, Paolino invece la sua genialità la esercitava dall’altra parte e per me era meglio".

Ti lascio perché sento che ti squilla il telefono Dino. L’hai riacceso?

"Sì, oggi sono come al lavoro. Mi chiamano tutti per parlare di Paolo. Era meglio se il telefono non avesse suonato così tanto oggi. Ti giuro che avrei parlato di Paolo molto più volentieri, se mi avessero chiamato due giorni fa".

Io e mio marito Paolo, il nostro Amore assoluto- di Federica Cappelletti