In nome della libertà. Ma è vero?

Le proteste di questi giorni

Una delle parole più usate – e abusate – in questo periodo è “libertà”. Tutti la invocano. Quando la si vede evidentemente violata (l’assurda prigionia di Zaki, la condizione delle donne in Afghanistan), quando si raccolgono firme per i referendum (eutanasia e cannabis), ma anche quando ci si oppone al Green pass e si rifiuta il vaccino. Tutto è fatto e affermato in nome della libertà. Ma che cos’è la libertà? La possibilità per ciascuno di fare ciò che vuole? Ovvio che no. Così intesa, la libertà è un imbroglio, perché ha in se stessa dei limiti morali e dei limiti oggettivi che la rendono impossibile

Il limite morale è scontato: non è legittima la libertà di far del male a un altro. Non può esserci libertà di uccidere, ma neppure di non rispettare il semaforo, e se mi permettete neanche quella di rischiare di contagiare il prossimo. Considerazioni ovvie.

Ma la libertà ha, oltre a questo limite morale, alcuni limiti oggettivi. Il primo è che ognuno di noi, in realtà, è libero di fare solo quello che può fare. Io sono libero, in questo momento, di scegliere se stare in casa o fare una passeggiata, sono libero di scegliere che cosa mangiare, dove andare, chi incontrare, che cosa leggere. Non sono però libero di vivere senza lavorare perché non avrei di che campare, non sono libero neppure di andare a correre perché ho una caviglia malandata. La libertà è dunque, sempre, condizionata al verbo potere.

Ma c’è un altro limite, sul quale di questi tempi bisognerebbe riflettere di più. Ce ne parla, a pagina 11, lo storico Michael Ignatieff, che abbiamo incontrato al festival della filosofia di Modena. Sintetizzo: la libertà, oltre che al verbo potere, dovrebbe essere condizionata anche al verbo conoscere. Per essere veramente libero di esprimere un’opinione, devo essere competente in materia, altrimenti la mia libertà può generare menzogna e perfino violenza. Oggi ciascuno pontifica su tutto: dal nucleare al 4-4-2, dai vaccini al 5G. Ma quanti di noi hanno titolo per parlarne? E spesso per emettere sentenze?

Per essere davvero un uomo libero bisognerebbe invece riconoscere il nostro limite, partendo dal fatto che non ci siamo dati noi la vita e non abbiamo il potere di allungarla di un solo secondo. Poi, più banalmente, riconoscendo che in questo periodo dovremmo avere l’umiltà di fidarci di chi, certe cose, le conosce meglio di noi.