In Italia rallenta il lavoro agile, ma nelle grandi aziende resterà

Nel terzo trimestre 2021 i dipendenti in remoto sono diminuiti di oltre un milione di unità

Lo smart working in Italia rallenta. Nel corso del 2021 con l’avanzamento della campagna vaccinale è progressivamente diminuito il numero dei lavoratori agili, passati da 5,37 milioni nel primo trimestre dell’anno a 4,07 milioni nel terzo trimestre. A settembre, infatti, si contano complessivamente 1,77 milioni di lavoratori agili nelle grandi imprese, 630mila nelle Pmi, 810mila nelle microimprese e 860mila nella PA, secondo gli ultimi dati degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano.

Progetti di smart working strutturati o informali sono presenti nell’81% delle grandi imprese (contro il 65% del 2019), nel 53% delle PMI (nel 2019 erano il 30%) e nel 67% delle PA (contro il 23% pre-Covid).

Questo graduale rientro in ufficio non segna in generale un declino dello smart working, al contrario al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker rispetto ai numeri registrati a settembre: si prevede saranno 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700mila delle PMI, 970mila nelle microimprese e 680mila nella PA.

Lo smart working rimarrà anche dopo la pandemia o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia quelli informali, nel 62% delle PA, in cui prevalgono le iniziative strutturate ma anche molta incertezza sul futuro e nel 35% delle PMI, fra cui prevale un approccio informale (22%) ed è forte la tendenza a tornare indietro (un terzo di quelle che ha sperimentato lo smart working prevede di abbandonarlo).