In ginocchio contro il razzismo Bravi azzurri

Leo

Turrini

Hanno fatto bene ad inginocchiarsi, i cinque azzurri di Mancini, prima del calcio d’inizio di Italia-Galles. E fa bene Neuer, il portiere della Germania, a mettere al braccio, in quanto capitano, una fascia arcobaleno. È cosa buona e giusta, anche da parte di chi fa sport al massimo livello, riconoscersi in battaglie di civiltà contro ogni forma di discriminazione, razziale o sessuale chi sia. Sbaglia chi fischia il gesto, così come sbagliato sarebbe pretendere da tutti lo stesso comportamento in pubblico. Diverse sono le sensibilità dei singoli e sempre meritano rispetto. Se il lettore sta pensando che questa è la scoperta dell’acqua calda, ha perfettamente ragione. A patto di ricordare il pregresso. Mezzo secolo fa, Muhammad Ali, forse il più grande campione del Novecento, fu lasciato solo contro il Sistema. E in tempi più recenti Colin Rand Kaepernick, asso del football americano, è stato costretto a smettere di giocare perché si inginocchiava (appunto!) durante l’esecuzione dell’inno statunitense. La verità è che la strada contro l’emarginazione, per qualunque motivo, è ancora molto lunga, in Europa come negli altri continenti. E se un bambino o una bambina, vedendo un campione che si inginocchia, domanda ai genitori il perché di quella scena, beh, probabilmente la consapevolezza di quanto rimane da fare per rendere meno brutte le cose del mondo aumenterà. Sembra poco. E invece potrebbe essere abbastanza.