In armi anche i ragazzini del Panshir "Qui gli integralisti non passeranno"

La roccaforte di Massoud centro della resistenza al nuovo regime. Che combatte ma cerca la trattativa

Migration

di Alessandro Farruggia

Il Panshir resiste e arruola anche i ragazzini. I talebani, guidati dal comandante Quri Fasihuddin, un tagiko, non hanno lanciato l’annunciata offensiva, perché sanno che per conquistare la provincia incassata tra le montagne e difesa da oltre 10mila persone tra forze tagike locali ed ex uomini dell’esercito afghano, subirebbero forti perdite e non sarebbe garantito l’esito. "L’unica alternativa alla guerra – ha ribadito ieri Ahmad Massoud, figlio del “leone del Panshir“ e comandante della resistenza – è negoziare. Se ne rendono bene conto anche i talebani, ed è quel che stiamo facendo". "Il Panshir è circondato ma noi vogliamo una soluzione pacifica, per la quale stiamo negoziando" hanno replicato a stretto giro i talebani.

Per mostrare al mondo che tutte le 175mila persone che vivono negli oltre 500 villaggi della provincia sono schierate compattamente con la resistenza, ieri i panshiri hanno portato davanti alle telecamere i loro ragazzi, dei bambini cresciuti troppo presto, già armati di fucili e di bandiere. Enormi bandiere verdi, bianche e nere, che si agitavano per il vento che cala dalle montagne. "Questi sono i nostri ragazzi – ha detto il comandante Kaleda Seifi – e sono pronti a combattere anche loro, come le nostre donne, per bloccare i talebani. Ai quali diciamo: entrate ma non saprete se ne uscirete".

Bloccati alle porte del Panshir, i talebani sono invece avanzati nella adiacente provincia di Baghlan, dove nei giorni scorsi l’Alleanza del Nord aveva preso tre distretti. Secondo i talebani i tre distretti sarebbero stati ripresi e ad Andarab 13 membri della resistenza sarebbero stati catturati e giustiziati. Ma la situazione è fluida e le rivendicazioni di scontri a fuoco vinte da parte delle due parti va presa con cautela, in assenza di conferme, oggi impossibili.

In attesa che le trattative per la nascita del nuovo governo vadano avanti, resta tesissima la situazione nell’aeroporto di Kabul, letteralmente assediato da circa 20mila afghani che cercano di raggiungere lo scalo per farsi evacuare dalle forze occidentali. Per ridurre la calca i talebani continuano a sparare in aria (ieri i feriti per i proiettili ricaduti sono una dozzina, tra i quali due cittadini tedeschi, non gravi), ma si è anche registrato un episodio la cui dinamica non è chiara che però potrebbe essere un tentativo di infiltrazione da parte di quei terroristi della branca locale dell’Isis (Iskp) – acerrimi nemici dei talebani – dei quali gli americani l’altroieri hanno ammesso la concreta minaccia. Quello che si sa è che nei pressi del gate nord dell’aeroporto, alle 4.13 ora italiana, le 6.43 in Afghanistan, un checkpoint è stato attaccato. Un soldato afghano, ora in forza ai talebani, è rimasto ucciso e tre feriti. Sono intervenuti i soldati americani e tedeschi, che hanno risposto al fuoco, mettendo in fuga gli assalitori, senza perdite. Ma sull’episodio resta un velo di mistero. Cercavano occidentali? Non si sa. Quello che gli Usa hanno detto è che ieri hanno fatto una nuova sortita con gli elicotteri e hanno messo in salvo un altro gruppo di connazionali.

Le evacuazioni del frattempo continuano a ritmo serrato. Notevole l’impegno degli italiani. Da giugno, quando con l’operazione Aquila 1 furono portati nel nostro Paese 228 afghani, sono circa 3350 i cittadini afghani messi in sicurezza. Già 2247 (di cui 547 donne e 667 bambini) quelli già giunti in Italia negli ultimi 10 giorni e circa 1300 quelli all’interno dell’aeroporto di Kabul, in sicurezza e in attesa di partire.