Il Warhol donato e la dolce vita di Fausto il rosso

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Gabriele

Canè

Finalmente abbiamo scoperto la differenza: un ricco che vive da ricco, la roba bella se la compera; a un comunista che vive da ricco, la regalano i ricchi. Per questo Fausto Bertinotti non ha in salotto una chiave inglese omaggio di un operaio Fiat, o una saldatrice di un cassintegrato dell’Ilva. Non ci pensa nemmeno. Ha una sequenza di serigrafie di Andy Warhol, valore milionario, donate da Mario D’Urso il nobile recentemente scomparso, animatore dei salotti romani a cui il compagno Fausto partecipava con assiduità.

È stato lo stesso ex Presidente della Camera e fondatore-scioglitore di Rifondazione Comunista a confidarlo al Corriere della Sera. Confermando in pratica, che comunista-vip era bello, e soprattutto gratuito. Perché le statuette di Limoges vengono da una amica regista, i quadri di Schifano dall’autore medesimo, i primi libri dal libraio Ottavio di Novara, i golf di cachemire, boh, tutti regalati tranne il primo comperato usato dalla moglie Lella. Intendiamoci, qualunque vita al top è corredata da omaggi e regalie. Diciamo che Bertinotti non è mai stato così scortese da rifiutare. E nemmeno tanto inelegante da regalare un oggetto regalato, ad esempio destinare, da uomo di sinistra-sinistra, il ricavato di un Warhol a un centro di accoglienza per immigrati. Del resto, le serigrafie mica sono di destra. Anzi, rosso antico: raffigurano il faccione di Mao, il leader cinese che il 16 luglio del ‘66 a 73 anni nuotò per 15 chilometri nel fiume Yangtze. A Wuhan.