L'autovelox è il bancomat dei sindaci

Siamo tra i Paesi con più impianti installati: 2,5 milioni le multe elevate nel 2019 che vanno a sistemare i bilanci delle amministrazioni

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Italia, Paese di autovelox. Svettiamo per numero di impianti a livello europeo. Tra le ultime statistiche: un miliardo e settecento milioni incassati dai Comuni con le multe, le macchinette sono il cuore del sistema. Era il 2017, in cima alla statistica c’erano Firenze, Bologna e Milano.

Aggiorniamoci al 2019. Nell’ultimo rapporto Aci-Istat presentato a fine luglio, sono oltre due milioni e mezzo le contravvenzioni per superamento dei limiti di velocità (da articolo 142 del codice della strada), oltre 1.947.000 quelle messe a verbale dalla polizia locale, 577mila dalla Stradale, 804 dei Carabinieri.

Il conto diventa dunque vertiginoso, se consideriamo che la sanzione minima è di 41 euro, ma si può arrivare addirittura a un massimo di 2.108 euro quando si superano tra 40 e 60 chilometri orari i limiti consentiti. Da ricordare anche che le multe aumentano di un terzo, se la violazione viene commessa tra le 22 e le 7 del mattino.

La cronaca è affollata di esempi monstre. Nel 2016 entrò nel guinness dei primati il grande occhio di Filottrano, nella provincia di Ancona. Fioccarono 18.300 multe in meno di 3 mesi.

Ne fecero le spese anche gli infermieri del soccorso. È seguita una lunga disputa.

A Verona, a inizio anno, il presidente dell’Aci è stato diretto. Di fronte a 47mila multe in tre mesi ha concluso: tutto questo non ha a che fare con la sicurezza.

A luglio 2019 record – con postazioni mobili – in provincia di Como sulla A 9, un verbale al minuto. Le pattuglie rilevavano la velocità in un tratto insidioso, in galleria.

Mentre ha fatto scalpore la sanzione da 847 euro che si è vista recapitare a luglio un’automobilista ancora nelle Marche. Per l’autovelox di Casenuove (Osimo), superava i 700 chilometri all’ora. Sì, avete letto bene. Per fortuna era al volante di un’utilitaria. Anche gli occhi implacabili a volte sbagliano.

Veramente secondo Giorgio Marcon – inventore di Asolo, consulente tecnico del Centro tutela legale – gli impianti avrebbero un peccato originale, di omologazione. Annuncia: "Stiamo studiando una causa pilota. Abbiamo creato un gruppo scientifico. L’obiettivo? Far restituire i soldi. La faremo sicuramente nel Veneto. Per chi ha già pagato e per chi ha perso i ricorsi. Le persone sono state sanzionate con apparecchiature che non sono conformi al codice della strada".

Anche le associazioni alzano le antenne. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, fa una sintesi in chiaroscuro. "Non siamo contrari agli autovelox fissi in città – premette –, ma visti i limiti minori sulle strade urbane, solitamente 50 chilometri all’ora, non basta che i prefetti li autorizzino come fanno adesso". Devono essere invece loro a fissare il limite e ad avere " la responsabilità di decidere l’esatta posizione e non il semplice chilometro della postazione di controllo, troppo spesso piazzato in modo nascosto dai Comuni subito dopo una curva e non correttamente segnalato e visibile come prevede il codice della strada".