Il veto di Orban salva Kirill dalle sanzioni

L’Ungheria si era opposta al sesto pacchetto Ue. Alla fine c’è il via libera, ma ville e panfili del patriarca ortodosso non saranno toccati

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di Giovanni Panettiere

Budapest salva il patriarca di Mosca. Sotto il ricatto dell’Ungheria guidata dal sovranista Viktor Orban, che aveva minacciato di porre il veto al sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione europea contro la Russia qualora anche Kirill fosse stato colpito dal giro di vite, Bruxelles ha deciso di espungere dalla black list il nome del leader ortodosso. Nonostante il suo appoggio all’invasione in Ucraina, per Budapest il patriarca resta un uomo di fede, non può essere sanzionato. Una posizione quella ungherese che era nota da tempo e che, come ha avuto gioco forzanel dire Orban, "nessuno al vertice di Bruxelles ha contestato".

In pratica, il 75enne Kirill potrà continuare a muoversi liberamente in Europa e il suo patrimonio non sarà minacciato. Compreso il suo yacht. Così, mentre gli oligarchi di Vladimir Putin sono costretti a ’spegnere’ i loro panfili per sfuggire ai sequestri delle autorità occidentali, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie non avrà problemi a continuare a farsi fotografare a prua e a poppa.

Tra yacht e villa a Gelendzhik sul Mar Nero, vicina a quella dello zar, amico e protettore – caduta l’Unione sovietica il patriarcato ha inanellato una serie di privilegi fiscali, tra i quali l’import di alcol e tabacco esenti da dazi –, si parla di un patrimonio pari a 4 miliardi di dollari. La fonte è la rivista Forbes, abituata più di altre a fare le pulci ai paperoni del pianeta.

Le buone notizie per Kirill, però, finiscono qui. Sul fronte profano, visto che in campo religioso l’ortodossia russa dell’ex spia del KGB – al pari del predecessore Alessio II e soprattutto di Putin – perde pezzi. Dopo la Chiesa olandese fedele al più grande patriarcato ortodosso al mondo, 165 milioni di affiliati, nei giorni scorsi anche la Chiesa ortodossa filorussa ucraina ha deciso di rompere l’unità. Per colpa del suo appoggio all’invasione, Kirill perde così la sovranità su 15 milioni di ucraini, il 60-70% della popolazione. Risultato, ora tutte e tre le Chiese ortodosse dell’Ucraina – oltre a quella del metropolita di Kiev Onofrio, ci sono l’autocefala comunità del patriarca Epifanio con le sue settemila parrocchie e la residuale realtà del metropolita Filarete, scomunicato nel 1997 da Mosca – hanno tagliato i ponti con Kirill.

Per il momento il patriarca getta acqua sul fuoco. "Comprendiamo pienamente come la Chiesa ortodossa ucraina oggi stia soffrendo", assicura. Ma, qualora le tre Chiese tornassero insieme o dovesse arrivare il placet allo scisma del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, primus inter pares dell’universo ortodosso col quale Kirill è ai ferri corti, c’è da credere che i toni presto si alzeranno. Per adesso il patriarca vira l’ostacolo, anche in acque europee: Orban è stato ed è un ottimo nocchiere per la sua causa