Il vertice del centrodestra Chi ha più voti sceglie il premier Polemica sui collegi, poi la schiarita

Meloni, Berlusconi e Salvini trovano l’accordo, ogni partito correrà con il proprio front runner. L’incontro di Montecitorio si chiude con la battuta del Cavaliere: saremo noi a ottenere il 20%

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di Elena G. Polidori

Una soluzione "salomonica", secondo qualcuno, per il fatto che i tre moschettieri del centrodestra potranno correre alle prossime elezioni ciascuno con il proprio candidato premier, ma di fatto il vertice di ieri, nel campo neutro della Camera dei deputati, ha avuto per ora una vincitrice: Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia ha ottenuto un sì generale alla sua richiesta di "mantenere la regola sempre adottata finora", secondo la quale il partito della coalizione che arriverà primo avrà il diritto di nominare il candidato premier. Era un punto delicatissimo su cui la Meloni non voleva sentire ragioni, ma sul quale Forza Italia frenava: "È un tema che non mi appassiona", aveva detto Silvio Berlusconi, dopo che lui stesso – già una settimana fa – aveva proposto un altro metodo: l’elezione del candidato premier da parte di un’assemblea degli eletti, subito dopo il voto. Proposta scartata da Meloni e non sostenuta nemmeno da Matteo Salvini, Maurizio Lupi e gli altri leader del centrodestra, che avevano appoggiato invece la richiesta di Fd’I. Berlusconi, alla fine, ha dato il suo placet e ha chiuso il primo round del match con una battuta: "Non c’è problema, tanto saremo noi di Forza Italia ad ottenere il 20!", ma intanto FI ieri ha perso un altro pezzo, ovvero la ‘carfagnana’ Rossella Sessa e probabilmente altre defezioni ci saranno nei prossimi giorni. Il Cav, d’altra parte, ha incassato negli ultimi giorni gli abbandoni dei ministri ex Fi Renato Brunetta, Mara Carfagna (che andrà al gruppo misto) e Maria Stella Gelmini, ma ha appena accolto tra le sue fila Valentina Vezzali. Con lui, ieri, c’erano Antonio Tajani, Licia Ronzulli, oltre alla deputata e compagna Marta Fascina, ma l’incertezza nelle file del partito è tale che perfino i fedelissimi che stanno accompagnando la svolta filo-Lega del Cavaliere, dalla Ronzulli allo stesso Tajani ad altri big, sono a rischio rielezione. Certo, c’è il listino proporzionale che può salvarli, ma la Forza Italia leghistizzata ha un bisogno vitale di strappare almeno una ventina di collegi uninominali. L’impresa sembrerebbe però rivelarsi ardua, considerato che lo stesso Salvini non può essere di manica larga, per non dire della Meloni, che vorrebbe prendersi tutto. Soddisfatto Matteo Salvini: "Decidono gli italiani, decidono liberamente i cittadini il 25 settembre: chi prende un voto in più" esprimerà la premiership. La squadra sarà "compatta", ha assicurato il leader della Lega, che ha colto anche l’occasione per indicare quali saranno i capisaldi del programma del Carroccio, ovvero "lavoro, tasse e sicurezza, azzerare la legge Fornero e quota 41, flat tax estesa anche ai lavoratori dipendenti, bloccare gli sbarchi a migliaia di clandestini".

Da quanto è filtrato ieri dal vertice, i partiti del centrodestra dovrebbero poi correre con il proprio simbolo (liste separate con l’indicazione di un capo politico), come chiedeva all’arrivo a Montecitorio il leader di Coraggio Italia, Brugnaro, e come era stato nel 2018. Anche sui collegi è stata trovata un’intesa sulla media dei sondaggi: A Fd’I 98 seggi, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia, compreso l’Udc, e 11 a Noi con l’Italia più Coraggio Italia.