Giovedì 25 Aprile 2024

Inchiesta Covid, verbale del Cts: "Stretta non necessaria". Ma i casi stavano esplodendo

Per i pm l’approvvigionamento di dispositivi di protezione non ha funzionato. Rilevate diverse omissioni da parte delle strutture sanitarie bergamasche

Omissioni, ingenuità, ma anche bugie, falsificazioni e una catena di errori dagli effetti tragici. Nonostante l’impennata dei contagi tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo del 2020 e lo scenario "catastrofico" acclarato, stando alle carte della procura di Bergamo non fu applicato il piano influenzale pandemico, pur risalente al 2006: mancanza che ha comportato una catena di ritardi e omissioni che avrebbero poi determinato la "diffusione incontrollata" del virus. Una circolazione che fece salire alla ribalta l’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano, epicentro delle pandemia nella bergamasca dove già, quasi in contemporanea con la scoperta di Paziente 1, erano stati registrati parecchi casi e anche vittime.

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La foto dei camion pieni di bare scattata a Bergamo all’inizio della pandemia nel 2020
La foto dei camion pieni di bare scattata a Bergamo all’inizio della pandemia nel 2020

Ma non solo: stando al lavoro dei magistrati non vennero nemmeno messi a punto protocolli di sorveglianza adeguati (ad esempio per chi arrivava dalla Cina), e anche l’approvvigionamento di dispositivi di protezione - dai guanti alle mascherine, per arrivare alle tute o ai sovrascarpe per il personale sanitario, che di lì a poco divennero fondamentali - non fu curato. Solo il 4 febbraio 2020, stando all’inchiesta, si chiese alle Regioni le giacenze "al fine di costituire una riserva nazionale di antivirali, Dpi, vaccini antibiotici, kit diagnostici e altri supporti tecnici per un rapido impiego nella prima fase emergenziale".

Così il lavoro mastodontico e certosino portato avanti dalla procura orobica in questi tre anni chiama in causa non solo la parte politica, ma anche il Cts e i tecnici che si sono trovati ad affrontare in prima linea la pandemia. Un esempio: riunione del 26 febbraio 2020 del Cts, non vengono valutate come sussistenti le condizioni per l’estensione della zona rossa in Valle Seriana nonostante nel corso della stessa riunione venne preso atto dei "casi positivi al coronavirus in Italia che provengono da aree della Regione Lombardia diverse dalla zona rossa". Poi le responsabilità delle strutture sanitarie bergamasche. Roberto Cosentina, all’epoca direttore sanitario dell’Asst Bergamo est, avrebbe attestato il falso in una nota in cui diceva che "non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone sono state immediatamente adottate le misure previste" all’ospedale di Alzano Lombardo, uno degli epicentri del drammatico contagio. E Francesco Locati, direttore dell’Asst Bergamo est, da cui dipende l’ospedale di Alzano Lombardo, che avrebbe scritto falsità nelle relazioni dell’8 aprile 2020 e del 10 aprile 2020 sostenendo che "nel breve lasso di tempo in cui il presidio è stato chiuso, il 23 febbraio 2020, si è provveduto alla sanificazione degli ambienti con l’adozione di tutte le misure previste". E ancora, non sarebbe stato effettuato, tra le altre cose, "uno screening radiologico Tac ai pazienti ricoverati al 23 febbraio 2020, che manifestavano una insufficienza respiratoria, al fine di prevenire una diagnosi Covid per almeno 25 pazienti". Così nell’ospedale di Alzano Lombardo, si legge nelle pagine dell’inchiesta, ci fu "un incremento stimato non inferiore al contagio di 35 operatori sanitari".

Lavoratori a cui non sarebbero stati forniti "i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale". Locati, inoltre, avrebbe attestato il falso scrivendo che erano "stati fatti tamponi a tutti i pazienti con sintomatologia respiratoria". Il direttore generale di Ats Bergamo, Massimo Giupponi, è invece indagato per falso per una nota protocollata del 28 maggio 2020 inviata a Regione Lombardia in risposta a un’interrogazione in cui attestò, tra le altre cose, che il 23 febbraio c’era stata la "creazione di aree di isolamento per pazienti che accedevano al Pronto soccorso". In realtà i "pazienti positivi erano rimasti là per diversi giorni".