Eutanasia, il Vaticano: non alziamo muri. "Serve una legge condivisa"

L’arcivescovo Paglia (Accademia per la Vita) boccia il referendum radicale. "Ascoltiamo i giovani e le loro preoccupazioni. Ma no alla cultura dello scarto"

Monsignor Paglia

Monsignor Paglia

Da Oltretevere "non si alza nessun muro apocalittico", anzi c’è "la volontà di uscire dalla battaglia ideologica tra laici e credenti sul fine vita per arrivare a una legge condivisa", ma la raccolta firme per l’eutanasia legale "esprime una ’mentalità vitalistica’ che non possiamo accettare". Marca tutta la sua preoccupazione l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, di fronte alla notizia del superamento delle 750mila sottoscrizioni per l’indizione di un referendum abrogativo che depenalizzi di fatto l’omicidio del consenziente. A promuovere l’iniziativa sono i radicali, ma la mole dei firmatari, oltre 250mila in più rispetto al mezzo milione necessario, tradisce una consistente presenza anche di cattolici, giovani in primo luogo, ai banchetti degli eredi di Marco Pannella.

Eccellenza, la Chiesa sulla sacralità della vita fino all’ultimo respiro ha perso il contatto con le nuove generazioni?

"Questo risultato dei promotori del referendum è la conseguenza di un’inquietudine di fondo sul destino dell’uomo che va raccolta dalla società come dalla politica e dal Parlamento. Questa domanda di senso non lascia indifferenti i giovani che, come comunità cristiana, abbiamo il dovere di ascoltare e aiutare per evitare che possano lasciarsi condizionare da un’ondata emotiva tesa a semplificare alcuni aspetti, trascurandone altri".

A che cosa si riferisce?

"C’è un difetto d’informazione. Il tema del ’fine vita’ è incredibilmente complesso. Guai ad affrontarlo a colpi di si e di no".

Che cosa intende, quando mette in guardia dal rischio di una ‘mentalità vitalistica’?

"Sta crescendo anche in Italia una visione ideologica secondo cui ciò che non corrisponde a una certa condizione vitale ed efficiente della salute non è degno di andare avanti. Col risultato che chiunque è ’fragile’ possa essere eliminato senza conseguenze. È la cultura dello scarto che il Papa non cessa di denunciare".

I promotori del referendum in fondo chiedono che un medico non finisca in carcere nel caso in cui, fatte salve alcune eccezioni, metta fine alle sofferenze di una persona che non intenda più vivere, perché gravemente malata.

"Davvero siamo sicuri che i malati, invece che morire, in realtà non vogliano smettere di soffrire? Sono due situazioni ben diverse. La Chiesa sostiene che la dignità della persona può essere tutelata anche nel morire. Le cure palliative e quindi l’accompagnamento nel tratto finale dell’esistenza sono una proposta in questa linea. La lotta al dolore è decisiva. E oggi in Italia è possibile morire senza essere torturati dal dolore. C’è scarsa informazione, dovrebbero essere meglio promosse e date gratIs a tutti. Ciò che non si può accettare, invece, è la soppressione di una vita umana. È una questione di umanesimo".

Sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente si riaccende lo scontro fra laici e credenti?

"Smettiamola di pensare ogni questione sempre come una battaglia ideologica fra chi crede e chi no. Certamente anche i credenti devono imparare ad argomentare meglio le proprie opinioni con un linguaggio accessibile a tutti. Del resto, anche un giurista laico come Luciano Violante ha espresso la sua contrarietà all’abrogazione parziale dell’art. 579 del Codice penale, rimarcando come in tal modo si aprano le porte alla legittimazione di una forma di schiacciamento dei più deboli. Anche in questo caso rivendicherei ’il diritto dovere alla conoscenza’".

Violante ha anche chiesto di dare attuazione al pronunciamento della Corte Costituzionale che ha ammesso la non punibilità del reato di aiuto al suicidio, in caso di pazienti liberamente determinati, con sofferenze intollerabili, affetti da patologie irreversibile e tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale.

"Non è di mia competenza entrare direttamente su ciò che debba fare o no il Parlamento. Mi auguro che la questione non sia abbandonata. E soprattutto che si giunga ad una legge sul fine vita, che, senza lasciarsi condizionare dalla fretta, né da furori ideologici, possa essere il risultato di un dialogo fra posizioni differenti senza che nessuna voce, neanche quella delle realtà religiose presenti nel Paese, sia esclusa a priori. Nelle commissioni parlamentari non mancano i progetti di legge".