Il triste show della corsa al posto sicuro

Gabriele

Canè

Tanto per essere impopolari, diciamo subito che quello del parlamentare è un impegno serio e difficile. Un lavoro. Probabilmente troppo pagato, ma di sicuro impegnativo e di responsabilità. Come in tutti i mestieri, poi, ci sono i bravi e i mediocri. Normale. Detto questo, però, un seggio in Parlamento non è un diritto acquisito, un contratto a tempo indeterminato. Le legislature finiscono, i partiti cambiano, i posti si riducono: in questo caso 400 deputati invece di 630, e 200 senatori (erano 315). Un lenzuolo stretto che non riesce a coprire tutti gli appetiti, o le necessità, e che sta scoprendo una umanità politica piccola piccola, molto trasversale. Anche se è ovvio che i partiti più grandi sono anche quelli più sotto osservazione.

Questa umanità è fatta di entranti che non entreranno, come da promessa, di uscenti che non vogliono uscire, o che vogliono correre su un tapis roulant, cioè in un posto sicuro, di quelli dove male che vada si arriva primi. Qualcuno è un esterno, un bel nome, che è stato speso in una precedente occasione, che poi ha incominciato a credere all’eternità del seggio, e che ora si accorge che c’è un nuovo "nome" più fresco che il suo partito vuole spendere al posto suo. I più indignati cambiano addirittura casa e casacca da un’ora all’altra, sperando che si apparecchi un altro posto a tavola. Intendiamoci. Questo è sempre successo. Ma con le Camere ridotte, la fame e la rabbia di tanti sono molto superiori al numero dei posti. Spettacolo penoso. Che avrà qualche micro conseguenza in situazioni singole, o dove un big piove dal cielo stile Folgore, con apposito paracadute. E molto probabilmente un effetto più generale sul possibile ricambio della classe politica. Troppo pochi 600 parlamentari per fare spazio a giovani che valgono, garantendo nello stesso tempo la maggior parte dei "vecchi". Decisi a invecchiare tra loro. A tempo indeterminato.